Ovviamente bisognava omettere qualcosa. Quando si ha un’unica possibilità, poche righe a disposizione e un’occasione più unica che rara di cui approfittare… beh, c’è da mettersi davvero d’impegno. Di certo non si poteva far riferimento a cose specifiche. Cose che in quelle righe non potevano aver posto, ma che l’avranno sempre nella mia testa, nel mio cuore e che gridano e pretendono da me di essere capite e apprezzate fino in fondo, davvero davvero in maniera completa, come nessuno mai potrebbe, come è giusto che sia. Non si sarebbe mai potuto far riferimento a tutte le volte che i sorrisi scaturiti da incontri casuali sono rimasti sul mio viso, non senza incertezze nei passi, nelle parole e spesso anche nei pensieri, tutte le volte che quei bricioli di euforia sono stati fondamentali per portare euforia anche in tutto il resto della giornata, o a tutte le volte in cui lunghi sguardi son finiti ben dietro gli occhi o altre volte in cui la testa finiva per vagare per altre vie, mentre i miei passi seguivano, per fortuiti casi, quella che percorreva precedendomi. Le innumerevoli volte che mi son svegliata, al mattino, con la sua immagine nella testa, perchè da qualche altra parte ci si era incontrati, in circostanze assurde, improbabili, ma che, sempre sorridendo, ricordavo di tanto in tanto durante la mia giornata piacevolmente, tanto da credere fermamente che in fondo tra sogno e realtà non c’è alcuna differenza, se in fondo ci sono sempre io, sia dall’una che dall’altra parte, io con i miei pensieri e i miei sentimenti e le mie sensazioni, come un continuo, un tutt’uno inseparabile. Ma come ci si potrebbe, in fondo, separare da queste cose senza togliere significato a tutto ciò che di materiale ci circonda o a tutte le persone che abbiamo scelto di avere intorno, nella nostra vita? Lui c’era. E per qualche motivo ben valido, pure. Che poi non fosse esattamente lui ma ciò che di fisico è possibile percepire con gli occhi, insieme a qualche sensazione su ciò che potrebbe essere al di là di quelle percezioni, aggiungendo qualche traccia di personalità presumibile dalle poche parole sentite… è effettivamente limitativa come cosa. Ma era abbastanza. Almeno per quelle minime intersezioni dei miei passi con i suoi. Perchè niente di più era possibile ottenere, perchè c’era da aspettare una bella, grande occasione, che tra le altre cose mi avrebbe permesso di rendere quelle intersezioni, beh, “meno minime” almeno di un po’. Alla fine però tutte le mie scelte, ogni decisione, ogni tassello che ero più che certa stava a costruire ciò che avevo sempre pensato, a lungo termine hanno costruito tutt’altro scenario. Avevo già scelto, inconsapevolmente, di andare altrove da ciò che avevo immaginato. Almeno a saperlo prima! Sarei arrivata più preparata a quel momento. Ma come si fa ad arrivare preparati ad un qualcosa che nemmeno si ha idea di cosa sia? Perchè non si è consapevoli, fin da subito, di tutte le coseguenze delle nostre scelte? Perchè si vive nel frattempo all’oscuro di ciò che “ci siamo riservati” per il futuro? Credo che il segreto sia in ciò che possiamo imparare, durante quel tempo, dagli ostacoli che scegliamo per noi stessi, come se fosse un gioco in cui riesci ad evolverti, a maturare, non prima di aver sconfitto il nemico di turno, o superato il muro di cinta alto abbastanza da farti imparare, che la prossima volta, non avrai bisogno di nessun muro e di nessun nemico e di nessun intoppo e nessuna occasione speciale per fare ciò che vuoi davvero fare. Già perchè crollato il muro, resti tu, da sola, davanti al tuo obiettivo. Allora lì inizi con tutta un’altra serie di domande. E’ davvero ciò che voglio? Non è che ne rimarrei delusa, infastidita, o mi incastro in qualche situazione spiacevole per cui in fondo quel muro era pur sempre una sorta di protezione? -Aspetta un momento- pensi. -Cos’è che ho scritto prima? “Ciò che vuoi davvero fare”. E credo, che non ci sia nient’altro che conta, una volta cancellate una ad una tutte le suggestioni negative-. E qui si torna a quella possibilità, che forse era, ancora una volta, una maniera per dimostrare a me stessa ciò che dall’inizio si era prospettato. O che forse non lo sarà, chissà. Di nuovo, non so nello specifico chi o cosa ho riservato per me nel futuro. Ma questo basta a rinnegare tutto? A dire che è stata tutta un’enorme perdita di tempo, una stupidaggine? NO. Nonostante l’estenuante sensazione di attesa, nonostante fosse soltato un’idea a piacermi, beh, mi piaceva. Mi piaceva. E soltanto per questo, ne è valsa la pena. Una cosa bella, che di più belle non ne esistevano, per quel poco che fosse, per quello che rappresenta per me. In poche righe si possono mandare dei segnali impliciti a qualcuno, e segnali molto più espliciti a se stessi. E per ciò che riguarda me, sono contenta, almeno di esser riuscita ad essere me stessa e di aver imparato tanto.
E sono già contenta, adesso, per tutto ciò che di bello, ancora, deve venire.