Lo sguardo s’era perso nel seguire quelle poche particelle di cenere che di cadere giù come tutte le altre proprio non vogliono saperne e salgono su, spinte da un piccolo scoppiettio e sostenute dall’aria calda, portando con sè ancora un po’ di luce, che le rende appena visibili ad occhi distratti da pensieri troppo confusi. Ricordiamo un nostro prof che una volta le battezzò ‘pampuglie’ e da allora ancora ci ridiamo su.
Cazzo di domande fai, Bianca.
In realtà mi risponde -Beh, si, è così che dovrebbe essere- ma la conosco abbastanza da capire che distoglie lo sguardo apposta per guardare me e comunicarmi la primissima cosa che le è venuta in mente. Abbozzando un sorriso, anche, perchè tanto ormai ci ha fatto l’abitudine.
-Ecco, appunto.- le dico, mentre continuo a guardare il fuoco davanti a me. -Ti faccio un esempio, hai presente quando dici che in fondo sposarsi non è davvero necessario?-
-Certo. E tu ricordi di tutte le volte che dici che andresti via di qui se non avessi altre scelte?-
-Si.-
-E lo faresti davvero?-
-E tu davvero non ti sposeresti?-
Ci voltiamo di nuovo, e senza rispondere. Penso che dovrebbe essere più semplice e invece non lo è per niente. Non lo è per il semplice fatto che nessuna delle due riesce a risalire dal buio del proprio viso spento con su un gran sorriso e quella sensazione che in fondo tutto andrà bene. Sarà che nemmeno la tv ti mette esattamente di buon umore, quando al mattino ti ricorda che vivi nella terra dei fuochi e che per raggiungere le città più vicine qualche volta usi la superstrada della morte o il viadotto delle disgrazie, o come diavolo l’hanno chiamato. E penso che non sia possibile. Che non sia tutto qui. Tutto banale, tutto già deciso, tutto già così fortemente condizionato dalla paura di sbagliare che le scelte, volta per volta, si faranno avanti da sole perchè semplicemente tutte le altre saranno andate già a nascondersi da qualche altra parte, tremanti. Una sorta di gara in cui la vittoria va all’unico concorrente che ancora non ha pensato di ritirarsi.
Abbiamo davvero la possibilità di tracciare un percorso unico? Di fare scelte diverse, soltanto nostre?
Sentire la tremenda sensazione che il piccolo mondo che ti circonda può condizionarti a tal punto da renderti simile a lui, anche se diventa meno sicuro, anche se il tuo cuore ci si sente meno al sicuro. Sentire poi allo stesso tempo la responsabilità enorme che da ogni decisione presa non è più possibile tornare indietro. Che ogni passo ti allontana inesorabilmente da tutte le altre possibilità, da tutto ciò che non hai scelto.
Le pampuglie intanto vanno ancora per i fatti loro. Come i pensieri.
Sempre in silenzio conveniamo sul fatto che se per una sera la prospettiva è quella sbagliata non importa. Perchè guardiamo la strada alle nostre spalle e ne vediamo di scelte, così diverse da quelle degli altri, già fatte. A posteriori e in cuor nostro, sappiamo ben rispondere a quelle domande.
Per una sera lascio che il fuoco illumini tutto dal suo lato peggiore. Per una sera mi illudo che la vita non sia né unica né fantastica. Tanto non è così grave in fondo, c’è ancora della strada da percorrere per saperlo davvero, a partire da qui.
“And our eyes shine bright like a sky full of comets that shoot like silver trains…”
Bello. Mi piace anche la parola “pampuglie”. Sei brava a raccontare. 🙂
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Grazie mille (:
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Non importa realizzare qualcosa, l’importante è progettare di farlo… 🙂
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Beh si poi da lì viene tutto il resto!
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Più che altro, finché si hanno sogni si ha un motivo per svegliarsi la mattina, quando tutto è finito cosa rimane?
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Io credo che non si resta mai davvero senza sogni, capita solo che qualche mattina ci si svegli senza la voglia di averne tra i piedi…
Comunque è vero, capisco cosa intendi (:
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