Cu ‘A Capa Dinto ‘A Luna

l-equilibrista-dell-amore

 

Ogne semmana faccio ‘na schedina:
mm’ ‘a levo ‘a vocca chella ciento lire,
e corro quanno è ‘o sabbato a mmatina
‘o Totocalcio pe mm’ ‘a jì a ghiucà.
Cucciato quanno è ‘a notte, dinto ‘o lietto,
faccio castielle ‘e n’aria a centenare;
piglio ‘a schedina ‘a dinto ‘a culunnetta,
‘a voto, ‘a giro, e mm’ ‘a torn’ ‘a stipà.
Io campo bbuono tutta ‘na semmana,
sultanto ‘o llunerì stongo abbacchiato,
ma ‘o sabbato cu ‘a ciento lire mmano
io torno n’ata vota a gghi’ a ghiucà.
Nun piglio niente, ‘o ssaccio…e che mme mporta?
Io campo sulamente cu ‘a speranza.
Cu chi mm’ aggia piglià si chesta è ‘a sciorta,
chisto è ‘o destino mio…che nce aggia fa’?
‘A quanno aggio truvato stu sistema
io songo milionario tutto ll’anno.
‘A ggente mme po’ ddi’: – Ma tu si’ scemo?
Ma allora tu nun ghiuoche pe’ piglià? –
Si avesse già pigliato ‘e meliune
a st’ora ‘e mo starrie già disperato.
Invece io sto cu ‘a capa dinto ‘a luna,
tengo sempe ‘a speranza d’ ‘e ppiglià.

[‘A Speranza – Antonio De Curtis]

L’Ultimo Pezzo

Era l’ultimo pezzo del puzzle e rigirandolo tra le mani ho capito che in realtà serviva a smontarlo. Togliendo un pezzo dopo l’altro ne ho capito finalmente il senso. Ho guardato bene tra gli incastri, ho visto di cosa erano fatti. Credevo che se l’avessi fatto sarei finita io in pezzi, invece già lo ero e non me ne ero accorta.
La tristezza è più egoista della felicità e io nemmeno ho provato a rimetterla al suo posto. Non so perché, è una cosa che non riesco a spiegare. Non ho saputo dare risposte a chi me l’ha chiesto, a me stessa. Mi sono sentita come arresa. E’ uno stato d’animo che prevale, va perfino oltre ciò che l’ha provocato. Se ad un sentimento vien chiesto di tornarsene indietro quello non è che capisce bene subito. Resta un po’ in silenzio, prova a riflettere, rimbalza contro il sole e le foglie, vetri e parole, impazzendo. Balbetta qualcosa che non capisce neanche lui e la prima cosa di cui è certo è che si sente in colpa, ma inutilmente. Ospite inatteso di un cuore che non lo stava per niente aspettando è andato via in punta di piedi per paura che qualsiasi altro rumore avrebbe ferito lui stesso. Credo che questa sia la distinzione tra il provare davvero amore per qualcuno e il correre impazzita nel cortile come un’oca alla quale hanno tirato le piume. Temo sia soltanto, però, il mio personalissimo modo di rispettare me, le persone che ho amato e i sentimenti stessi di conseguenza.
Le persone si comportano diversamente da come ci si aspetta perché non le si conosce affatto ed è un qualcosa da accettare e non soffrire. Le prese in giro tendono ad autodistruggersi senza nemmeno toccarle. Per i puzzle serve che ci si impegni invece. E’ quello che sto facendo e da un po’ la tristezza è quasi del tutto rientrata negli argini e scorre nel suo alveo così come è giusto che sia, ma senza invadere più i miei sogni e i miei desideri.

“… Una volta in un altro tempo
prima di sapere che questa fosse la mia vita
prima che lasciassi la bambina dietro di me
ho rivisto me stessa in notti d’estate
e le stelle si accendevano come luci di candele
ho espresso il mio desiderio, ma soprattutto ci ho creduto …
E  linee gialle e segni di pneumatici
pelle baciata dal sole e manubri
lì dove mi trovavo era proprio dove dovevo essere.
Una volta in un altro tempo
decisi non ci fosse nulla di buono nel morire
e che avrei soltanto continuato a guidare
perché ero libera.”


[Once Upon Another Time – Sara Bareilles]

Ooops …!

Avevo più o meno otto anni e mi innamorai dei suoi disegni e della suo senso dell’umorismo grazie alle vignette sul Topolino e diventai poi praticamente matta per la storia a puntate Topokolossal dopo la quale nessuna baguette francese è stata per me del semplice pane, anzi ancora oggi quando sono al supermercato la tentazione di prenderne una e agitarla a mo’ di spada urlando “La baguette catalitica è con te, Tiè!” è decisamente troppo forte. In quel periodo cambiavo idea su cosa mi sarebbe piaciuto fare da grande almeno una volta a settimana, ma per un bel po’ pensai che sarei diventata anch’io una disegnatrice come Silvia Ziche. Da qualche tempo ho scoperto il sito sul quale pubblica le vignette dedicate ai suoi personaggi, in particolare Lucrezia, alle prese con dilemmi tutti femminili e con la ricerca del suo uomo ideale (che poi basterebbe anche solo che fosse uomo davvero) facendo ironia sui loro difetti, su quelli delle donne e del mondo in generale. Riesce sempre a farmi sorridere e a rimettere sul giusto piano certe questioni regalandole un po’ della leggerezza che a me qualche volta capita di dimenticare prendendo con troppa serietà ciò che invece non ne merita affatto. Ho riportato qui sotto l’ultima vignetta che ha pubblicato che secondo me è geniale e vi invito a visitare il suo sito per trovarne tante altre davvero originali (:

www.silviaziche.com

 

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[tratto da Due, Lizard 2006 – Silvia Ziche]

Lettera, A Proposito Di Fiocchi Di Neve

First_Snow_by_thienbao

Ti sei mai innamorata di un fiocco di neve? Se si, sai cosa significa sentire il cuore perfettamente lucido e la testa incosciente. Incosciente nel senso di sconsiderata. Viva, scattante, entusiasta, ma sconsiderata. Allora sai anche come funziona più o meno. E’ pur sempre un fiocco di neve. Viene giù svolazzando tra gli altri, ma più luminoso, più elegante, diverso, speciale. Curva sui tuoi capelli per sfiorarti la punta del naso e arriva leggero tra le tue mani. Al contatto si scioglie. Anche se sei rimasta al freddo ad aspettarlo le mani sono comunque più calde. Fossi stata tu lì, o un’altra o altre dieci persone, non avrebbe fatto differenza. Sarebbe accaduto lo stesso. E’ nella sua natura di fiocco di neve. Appare dal nulla, originale e unico e poi va a confondersi nella massa dove finiscono tutti, una volta concluso il proprio volo. Impossibile distinguerlo più, in tutto quel bianco. Converrai con me che è difficile dire cosa sia giusto e cos’altro sbagliato. E’ giusto forse amare, soffrire o giudicare? E’ più sbagliato credere, lo è un po’ meno dimenticare?
Ricordi cosa mi disse quel tipo al telefono una volta? L’importante è che il film sia finito e che tutti siano usciti più o meno soddisfatti dal cinema. Mi arrabbiai da morire, ne parlai a lungo. Scaricò dalle proprie spalle ogni viltà e la responsabilità dell’essere stato un pessimo attore. O molto bravo forse. Dipende, perchè si tende ad odiare chi si comporta male nel film senza pensare che quella è esattamente la reazione che importava suscitare. Come se l’eroe, il protagonista sia poi necessariamente uno stinco di santo per davvero.

Cos’è che importa allora? L’illusione o più la disillusione magari, che in fondo è solo l’illudersi d’altro?

Ad esempio, guardando un film coinvolgente, ti capita mai di piangere? Di lasciare entrare la storia a tal punto dentro te da prenderti ed emozionarti tanto? Quelle lacrime ti sembrano meno vere, soltanto perché si tratta di un film? Io penso di no. E dunque che fai allora, dai la colpa agli attori? Quelli sono andati a casa già da un pezzo, a fare i fatti loro. A te è rimasto il cuore stretto in una morsa invece. Biasimi te stessa? Li maledici, gli scrivi una bella lettera Ah grazie tante e adesso del mio cuore a pezzi cosa ne faccio secondo voi? 

Forse alla fine quel che conta è ciò che siamo dentro e cosa siamo in grado di dare. Ciò che è nella nostra natura.

Come lo è in quella di un fiocco di neve sparire per sempre.

Credo che cercherò di scaldarmi le mani adesso, con i ricordi più belli.

[picture: First Snow by thienbao, Deviantart]

What If You Fly … ?

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Ho provato a capire, e ho capito solo che avrei dovuto ancora sopportare. Ho provato a parlare, ma le mie parole si sono rese conto di andare incontro ad altre che credevano già di sapere, invece che ascoltare. Dicesi giudicare. Ho provato a difendermi e la tempesta allora ha alzato di più la voce e ho chiuso di nuovo gli occhi mentre mi bagnava il viso. Ho provato a scappare, ma mi avevano già vista. Figurarsi il tentativo di nascondermi come è andato. Poi ho capito che i sorrisi non possono che nascere da dentro se stessi. E che bisogna prendersene cura. Con calma, per conto proprio. Perché appunto, se proprio si tratta di scegliere allora preferisco volare.

Aria

Ho sempre, sempre pensato che se fossi una musica, sarei questa. Non so perché. Chiudendo gli occhi e ascoltandola riesco a ritrovarmi. Aria. Per respirare. Profondamente, ossigenando i pensieri. Per sentirmi leggera lasciando andare quelli negativi, vecchi, consumati e inutili. Leggera e quindi serena, libera.

Libera da quel senso di disagio che si ferma alla gola, delle volte, come un respiro trattenuto troppo a lungo.

Libera come un silenzio scritto con le dita su un vetro.

Libera di viaggiare nell’aria, come musica. Di sentirmi musica. E di correre più veloce di un sogno per aspettarlo al traguardo con un sorriso e tranquillizzarlo, che in fondo è andata bene, ci siamo ritrovati.

Aria.