E’ una domanda che in verità non ho mai sopportato e ricordo che, soprattutto da piccola, a scuola, chi veniva a fartela arrivava sempre con aria saccente e chi era lì per ascoltare la risposta ti scrutava come se dalla tua risposta ne dipendessero le sorti del mondo.
Tu preferisci essere, o apparire?
Ogni tanto la tirano fuori anche nelle radio, quando esauriscono tutte le varianti di è meglio mollare o essere mollati oppure se la pasta è meglio mangiarla a pranzo o a cena. Ovviamente la risposta data dal 90% dei ragazzini, allora, e anche la mia perché poi era come buttarsi in un porto più sicuro, era essere. Giusto per fare bella figura. Il resto, composto da quelli un po’ più popolari, vip, che se la tiravano insomma, si buttava sull’alternativa, come se abbracciasse tutt’altra filosofia di vita.
Con il passare del tempo ho continuato a chiedermi se avessero poi così torto. Se preferire l’apparenza alla sostanza, dare importanza alla forma più che al contenuto fosse così sbagliato, sacrilego come sembrava. Allora mi sono concentrata su cosa significasse non tanto essere, quanto il non apparire.
Pur scegliendo di essere, dando importanza a ciò che si è senza curare troppo l’aspetto, l’impressione, l’estetica, ma più l’interiorità, mostrandosi spogliati di qualunque maschera o artificio che serve a piacere e forse a piacersi, anche, si è sicuri di non apparire mai? Esiste un modo per annullare l’apparenza?
La prima cosa che mi viene in mente sono proprio i blog. Per quanto sembri che espressione migliore dell’essere non esista perché ci si racconta, si esprime in qualche forma ciò che si ha dentro, neanche qui io penso si annulli completamente la componente apparenza, pur non essendoci fisicità. Allora ho pensato che forse il non apparire sia legato alla sobrietà, alla mancanza di vanità, ma allo stesso tempo qualunque tentativo di non apparire costituisce pur sempre un’apparenza che qualcuno comunque noterà.
Allora forse non è importante scoprire se sia giusto o sbagliato tenersi o no nella maggioranza, quanto chiedersi se non è la domanda stessa a trarre in inganno perché in effetti la scelta non esiste, non esistono due verità che si escludono a vicenda. Sono connesse, invece, in tanti di quei modi che non se ne potrebbe finir mai di parlare. Semplicemente ho iniziato a vedere l’apparire più come un tenersi nei binari del come si vuol essere, cosa per la quale si potrebbe lavorare anche una vita intera, prima di riuscirci.

The Blue Umbrella – Disney Pixar
Io preferisco piu’ essere e meno apparire, anzi sparire proprio dalla vista. Pero’ la lettura del tuo post fa’ riflettere molto seriamente. 😉
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Io tendo a non stare al centro dell’attenzione, ma in qualche modo neanche questo significa non apparire, penso sia questo il punto… 🙂
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E’ vero questo, se ti tieni distante, comunque “ti fanno apparire” come i maghi usano nei loro giochi di prestigio. Ti ritrovi in un centro che non senti tuo, ma ci sei.
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Si può anche essere notati da chi condivide e approva proprio quel modo di essere (e apparire), ad esempio
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Sono d’accordo 😀
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Il discorso può allargarsi al consumismo di se stessi, all’ impulso incoercibile a conformarsi , massificarsi, per essere ciò che gli altri vedono di noi ,la nostra esteriorità banale… Un caro saluto. Marisa
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È vero, ed è quello che accade se dai binari dell’essere ci si sposta camminandogli di fianco o addirittura facendo delle deviazioni e giri immensi spinti, spostati da riferimenti e modelli che ne sono al di fuori e attirano altrove… anche quello fa parte della ricerca di sé, comunque.
Buona giornata a te!
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Apparire è come una porta chiusa sull’ignoto. Tutti appariamo, tutti abbiamo una porta. Piccola o grande, cesellata, rifinita o cadente a pezzi che sia. Dietro la porta c’è l’essere. Che resta ignoto (o incerto, dai, perché qualche indizio c’è sempre anche prima), resta ignoto dicevo, finché non apri la porta. E dietro la porta puoi trovare di tutto. Dal nulla all’infinito.
Spesso dietro le porte più belle trovi tanto nulla.
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Bella la similitudine con le porte, rende davvero l’idea… e quelle porte dicono tutto e niente di una persona. Si può restar chiusi fuori anche una vita intera oppure entrare, guardare e apprezzare perfino e scoprire che è tutto falso, tutta una presa in giro. La corrispondenza tra porta e arredo, contenuto, forse è ciò che si chiama coerenza..
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Interessante similitudine. F.
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Sono d’accordo e credo che la vera differenza sia tra lo scegliere di mostrarci per come siamo o mostrare una maschera falsata a seconda delle occasioni o i propri fini.
Appariamo sempre in qualche modo.
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Infatti, successivamente tutto sta nel conoscersi perché per quanto imprescindibile l’apparenza resta la superficie sia che l’impressione data sia positiva, che negativa …
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io credo che sia molto molto complicato, quasi da risultar superfluo chiederselo..
un gran risultato potrebbe essere già quello di riuscire a tentar di essere con la consapevolezza che infondo alle altre persone che lo vogliamo o no non avremmo molte alternative all’apparire…
inoltre considerando che l’essere è in ogni caso sempre in evoluzione e quello che potremmo essere oggi potrebbe a sua volta risultare diverso del nostro essere di ieri e di domani.. e questa differenza spesso ci porta ad apparire o a dar questa sensazione all’altro.. chissà chi può permettersi di rispondere a questa domanda per se stesso… e chissà chi ha la presunzione di poterlo fare per il prossimo…
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Infatti oltre che superfluo è perfino sbagliata come domanda… andrebbe più indagato il rapporto tra essere e apparire, l’evoluzione dell’una o dell’altra cosa che inevitabilmente trascina con sé l’altra, perché appunto inscindibili.
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