Di Canzoni, Incubi E Riflessioni Da Ora Tarda

Credi che sia così coi nostri sogni e i nostri incubi, Martin?
Dobbiamo continuare ad alimentarli perché restino in vita?

[John Nash – A Beautiful Mind]

 

Da piccola avevo paura di una canzone. Strano, assurdo, ridicolo, si, ma vero. Avevo otto anni circa e più o meno a metà della seconda o terza traccia del cd, un cantautore italiano, niente di strano, scoppiai a piangere. Ne avevo una paura irrazionale, inspiegabile. Smuoveva qualcosa in me che mi faceva profondamente orrore. Non avevo associato alcun brutto ricordo o sensazione, niente di niente, non ricordavo nemmeno più le parole, solo la musica, e la trovavo terrificante. La cosa ancor peggiore, poi, è stata che per anni non ho avuto la minima intenzione di affrontare la cosa. Stava lì, semplicemente. Era diventata una paura da compagnia. Come se un bambino si affezionasse al mostro chiuso nell’armadio di fronte al proprio letto, a patto che se ne stia lì buono senza fiatare e soprattutto non se ne vada via lasciando al proprio posto un vuoto ancora più estraneo.

Un bel giorno può accadere che qualcuno o qualcosa sfondi la porta dietro la quale abbiamo nascosto ogni nostra fragilità e fermi davanti ad essa le vediamo vorticare, come foglie che danzano con l’autunno, ma cadute chissà quanto tempo prima. Increduli di fronte all’evidenza che forti non siamo vorremmo soltanto che quel qualcuno o qualcosa tornasse immediatamente indietro ad aiutarci a fissare qualche asse di legno perché se la loro assenza fa male sembra sia ancora più dolorosa l’idea di farcela ugualmente da soli, come se bastarsi avesse un po’ il sapore di una condanna. Per tanto tempo mi sono chiesta se questo fosse un desiderio ovvio o solo un’idea irrazionale, una di quelle a cui soltanto la testa che l’ha generata da’ credito e pure più del dovuto. Ho visto porte sfondate in cuori che credevo più tosti del mio, trasformati in buchi neri che attiravano ogni negatività, soffrendo tanto, troppo, di parole e comportamenti che pensavano e pensano ancora di non meritare affatto.

Per quanto effettivamente sia un desiderio ovvio quello di voler avere accanto qualcuno che ci passi chiodi e martello per far quello che da soli ci siamo stufati di fare, è anche vero che la maggior parte delle idee irrazionali son tutte figlie di una sola dannatissima cosa. Non accettarsi. Non accettare di essere più complessi, più sensibili, di avere delle debolezze che si sono aggiunte in corsa e che non avevamo portato con noi fin dall’inizio del viaggio. Non avevo mai detto a me stessa prima io sono anche questo. Io sono anche ciò che ho paura di affrontare. Pensavo che il lasciar vivere quieto il mostro nell’armadio avrebbe preservato ciò che sono e mi piace essere. Invece, al contrario, chi mi vuole bene (o spero) mi stava facendo notare che proprio così stavo diventando tutt’altro.

La storia della canzone è finita un pomeriggio di qualche anno fa sgombro di pensieri superflui con me armata di cuffiette e si, diciamo, un po’ di coraggio. Qualche secondo dopo aver premuto play scoprii che alla rassegnazione si stava sostituendo la curiosità. La rimandai almeno altre tre o quattro volte. Capii cosa mi spaventava. Mi ci misurai come un pugile fa con l’avversario che teme di più. Adesso, ecco, non è diventata esattamente parte di qualche mia playlist. Io però avevo vinto una sfida e sentii di apprezzarmi.

E d’accordo si, che non si sappia troppo in giro, apprezzai un pochino, ma proprio un po’, anche lei.

27 pensieri su “Di Canzoni, Incubi E Riflessioni Da Ora Tarda

  1. E’ una delle cose più dure e difficili da fare superare le proprie paure, affrontarle. Ed è ancora più arduo accettarsi per quello che si è perchè conoscendoci bene conosciamo altrettanto bene i nostri difetti.
    Già l’averci riflettuto su, l’aver capito dove si trova l’inghippo, è già un passo avanti verso il traguardo dell’accettazione di te stessa, complimenti!

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    • Ecco almeno tu una spiegazione ce l’hai! Credo che a me impressionarono un po’ di parole qua e là nel testo, la musica.. ancora non so xD feci impazzire pure i miei quella volta ma niente era più forte di me!

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  2. Io invece tendo ad andare sempre fuori tema nei commenti.
    Mi hai fatto pensare che avevo anche io una canzone che da bambino mi faceva paura.
    Questa.

    Un 45 giri di mio padre, che avevo messo su per caso un pomeriggio, che ero solo in casa e fuori era buio.
    Mi tornava in mente la notte. Mi spaventava e insieme sentivo che mi chiamava. Quest’uomo che moriva. Questo bambino che sentiva la voce di suo padre. Quella musica.
    Avrò avuto anch’io otto, nove anni.
    Poi crescendo: leggo non so dove che la gravità di Giove è talmente elevata che ci schiaccerebbe, nessun essere umano potrebbe metterci piede. Non mi torna qualcosa. Con internet e qualche anno in più è un gioco capire che era solo una canzone.
    Ma anche oggi la riascolto e mi chiama. E anche oggi il 18 settembre me lo ricordo sempre.
    Tanto per stare in tema di canzoni, incubi e riflessioni da ora tarda.
    Allora non sono andato fuori tema???

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    • Assolutamente sei in tema 🙂 Interessante quel che mi racconti e anche la canzone stessa, e mi fai ripensare al fatto che avrebbe un senso anche parlare della canzone in sé perchè proprio leggendo la tua esperienza ho trovato una cosa che le due hanno in comune, un uomo che va via… Pur legate a sensazioni negative queste canzoni hanno rapito e affascinato in un modo irrazionale la mente… che cosa strana però..

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