Mai Abbastanza

Per questo mondo odierno, semplice, comodo, di facile contentatura, tu hai troppe pretese, troppa fame, ed esso ti rigetta. Perché hai una dimensione in più. Chi vuol vivere oggi e godere la vita non deve essere come te o come me. Chi pretende musica invece di miagolio, gioia invece di divertimento, anima invece di denaro, passione invece di trastullo, per lui questo bel mondo non è una patria.”

[Il lupo della steppa, Hermann Hesse]

Ho sempre trovato che ‘abbastanza’ fosse una parola decisamente strana. Riporta alla mente un concetto di quantità, ma indefinita. Abbastanza è …  abbastanza. Sufficiente, quanto basta per. Indica una quantità indeterminata, si, ma definisce comunque una specie di confine, di soglia al di sotto della quale non si può andare. Un po’ meno di abbastanza è ‘poco’.

Poco significa che bisogna ancora lavorarci su. Impegnarsi e far si che diventi abbastanza per rallentare, tirare un sospiro, fermarsi o comunque continuare ma con calma, che in abbastanza si può star comodi e allargare i gomiti per definire un nuovo spazio personale e sgranchirsi le gambe e le spalle facendo un po’ di stretching sul posto.

Un po’ più di abbastanza è … Non lo so cos’è, o meglio, può essere un mucchio di cose. L’umanità potrebbe essere divisa e classificata sulla base di cosa per ognuno di noi significa aver detto o fatto più di abbastanza. Sul serio. C’è chi si ferma perché ha già fatto abbastanza e si mette lì comodo a guardare gli altri affaccendarsi per fare di più, ottenere altro, qualcosa che sia meglio. Meglio può fermarsi in ‘giusto’. Cosa lo sia poi, chissà. Meglio è anche ‘ciò che merito’. In seri casi di megalomania meglio può arrivare ad essere ‘tutto’. Tutto comprende pure ciò che non serve o è di qualcun’altro, ma tutto è ancora più comodo di abbastanza, tutto è forza, potere. Autorità acquisita di decidere addirittura cosa può essere abbastanza per gli altri. Tutto è la perfezione, il gradino più alto da cui si deride quel vecchio abbastanza, proprio di chi si è arreso senza riempirsi le tasche di qualunque cosa gli passasse affianco.

A me sembra che ormai l’idea di abbastanza adesso, anche per colpa loro, sia in crisi. Non è mai abbastanza.

Non si lavora abbastanza per ricevere una degna pensione. Non si ha l’ultimo smartphone per essere abbastanza al passo con i tempi, non si è abbastanza social per tenersi sempre al corrente di tutto ciò che accade a chiunque, non si colgono mai abbastanza opportunità, non si hanno abbastanza esperienze per avere un curriculum figo o abbastanza contatti in LinkedIn, abbastanza mi piace su Instagram, non si è abbastanza come studente se non vai in Erasmus e non si sfrutta abbastanza la propria laurea se non si cerca lavoro all’estero, non si festeggia il 25 aprile perché l’Italia intera, così com’è, non è abbastanza affidabile come la Germania o efficiente come la Finlandia, l’economia non è abbastanza per le banche europee di conseguenza lo Stato non è abbastanza perché possiamo esserne fieri e sentirci protetti. Se non si girano abbastanza locali si è asociali e se nemmeno la testa gira abbastanza i problemi non schizzano mai via. Non si è mai abbastanza per gli altri perché non tiriamo dal cappello mai il coniglio giusto che risolverà tutti i loro problemi.

Mai abbastanza è un dito puntato contro il nostro tempo e le possibilità che abbiamo per impiegarlo al meglio e sentirci soddisfatti di noi stessi. Infatti io credo sia questo il punto: dobbiamo esser noi a decidere cosa significa ‘abbastanza’. E’ assurdo pensare che il mondo sia un filtro e che noi dobbiamo avere certi requisiti per passarci attraverso. Semmai è il contrario.

Esiste un diritto alla leggerezza? Qualcuno ne ha mai sentito parlare? C’è da qualche parte scritto che perdere tempo e fissare il vuoto è assolutamente necessario per decidere quale strada prendere, che bisogna salire ogni tanto su un treno senza destinazione così per il gusto di farlo o staccare internet e godersi un po’ di beato isolamento, amare senza per forza sentire di non meritarlo e lasciar perdere e far scivolare via tutto, tutto quanto, tutto ciò di cui non ci frega un bel niente ed è pesante tanto da tenerci bloccati sempre e irrimediabilmente con i piedi per terra.

16 pensieri su “Mai Abbastanza

  1. Il tuo post mi è abbastanza piaciuto. Mi ha stimolato abbastanza dal farmi commentare.
    Io dico che il termine abbastanza può essere ricondotto alla sufficienza piena raggiunta. Rappresenta un gradino di soddisfazione sufficiente per essere contenti, soddisfatti.
    Pero’ faccio un’ulteriore considerazione, il mio abbastanza è diverso dal tuo, quindi abbastanza non è misurabile in maniera oggettiva ma può essere utilizzato come metro di paragone personale.
    Poniamo il caso che per me viaggiare una volta l’anno è abbastanza (ovvero può bastare) e per te invece l’abbastanza è fare 4 viaggi l’anno. Entrambi abbiamo raggiunto la nostra felicità personale, il nostro 7 come voto di soddisfazione. Però per me il tuo abbastanza si trasforma in Tanto, mentre il mio per te si trasforma in Scarso.

    Ottimo spunto il tuo, grazie

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    • Grazie a te invece, i commenti mi fanno sempre piacere 🙂
      Hai ragione, è una misura soggettiva e influenzabile, soprattutto che di input che ce la fanno mettere in discussione ce ne sono tanti. Penso che l’importante sia il saper alleggerire quando tutti questi input si mettono lì a criticarti in coro, e tornare verso la propria personale dimensione.

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      • Credo che ognuno di noi debba identificare il proprio “abbastanza” per bene, in maniera coerente verso la propria personalità; di li in poi il gioco delle critiche lascia il tempo che trova, non fa più effetto e non ha più senso perchè diventa qualcosa che non ti tange Abbastanza da farti rimanere male 🙂

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  2. Abbastanza è parola strana, perchè … si può non essere abbastanza (qualsiasi cosa tu voglia) oppure si può essere abbastanza. Si puà essere sempre abbastanza … soddisfatti e sereni, tanto da far scivolare via il resto, sorridendo con leggerezza 🙂

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  3. ci sono misure e stati che sono inquantificabili, non perchè non si possano misurare ma perchè la misura che si può fare è sempre riferita ad una scala o ad un fattore di riferimento, mutato il quale, la misura risulta inutile…

    ci sono dei termini che sono legati alla conoscenza e all’interpretazione di chi li adopera e di chi li assimila, il valore di quei termini è mutevole e di conseguenza inquantificabile in senso assoluto..

    l’aspettativa nei confronti della qualificazione dei termini secondo me è il nostro problema… il bisogno inconsciamente ossessivo di dare forma e sostanza a condizioni immateriali e mutevoli nel tempo ci predispone ad affrontare con difficoltà tutte quelle situazioni per cui le unità di misura non bastano a definirle, la soggettività non ha una scala o un valore rappresentativo, usare quei termini è un fatto che dipende da quella leggerezza che hai citato… penso questo perchè immagino che noi stessi quando li usiamo prevediamo (sbagliando) che gli altri attribuiscano al termine lo stesso identico significato che attribuiamo noi, spesso senza nemmeno dettagliarlo..

    Il diritto alla leggerezza non esiste però è in qualche modo riconosciuto in maniera importante nelle culture orientali e spesso non solo ignorato ma diffamato in quella europea e industrializzata.. perchè se il tempo è denaro allora non può esser sprecato, non potendo misurare la potenza dei pensieri ma al massimo solo il loro risultato concreto la cultura industriale sostiene che non sia necessario pensare perchè non esiste un unità di misura del pensiero e di conseguenza non si può creare una correlazione economica che permetta di sfruttare/gestire/valorizzare il tempo = denaro.
    Ha senso di esistere solo ciò che si può misurare.

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    • Infatti se è difficile definire cosa è ‘abbastanza’ per noi, lo è ancora di più il conciliare questo con l’idea di abbastanza degli altri (nei tuoi confronti). Così si generano aspettative, congetture e contrasti. Ognuno dovrebbe badare al proprio abbastanza e basta…
      Buono lo spunto riguardo le culture orientali… penso allo yoga, meditazioni varie. Quelle servono a ritrovare il proprio tempo, la propria dimensione ed è questo che le sta diffondendo tanto qui in occidente. Da quelle parti certe cose le hanno capite meglio di noi!

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  4. Amo molto H.Hesse più ancora e te lo consiglio un libro sottostimato ma ricco di poesi e pensiero Narciso e Boccadoro : materialità sensuale ‘gusto della vita’ e spiritualità ascetica a confronto e la soluzione è che l’una non può sopravvivere senza l’altra come il giorno e la notte.
    Vengo all’ultimo punto: il diritto alla leggerezza e ai libri di Milan Kundera L’Insostenibile leggerezza dell’essere e, anche, Elogio della lentezza.
    Vivo a Roma. Una cosa che piaceva molto fare a mio figlio piccolino era i giorni di festa prendere il tram 30 che praticamente fa il giro esterno della città. E ci piaceva (avrà avuto sette anni quando abbiamo smesso) scoprire sulla stesso tragitto mille volte un aspetto diverso. Questo è la lentezza e le mille porte che apre e la leggerezza che insinua mille diverse opportunità.

    sheradessosipreparalacena 😉

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