Non Mi Uccido Per Amore … Mi Uccido Per Impazienza

E’ sembrata una banalità sia prima che dopo. Nel mezzo ci son passati fogli di diari, musi lunghi e canzoni fatte apposta per descrivere quello che sentivi dentro. Poi rivedi il tipo che quasi una decina d’anni fa ti piaceva tanto, uno che rispetto agli invertebrati che ti circondavano a scuola sembrava arrivasse davvero da un altro pianeta salvo assistere al suo trasformarsi da persona interessante e intelligente ad una interessante, intelligente maquelchecontaèlapopolarità e ti accorgi che è pure peggiorato, che è arrivato a sacrificare qualità che ti avevano tanto colpita e attratta pur di apparire e distinguersi -a modo suo- dalla massa nella quale in realtà per te è ritornato, visto che più niente ormai lo fa brillare tra tutti gli altri come quando lo avevi conosciuto.

Ho provato delusione ma anche sollievo, perché mi sono accorta, incontrandolo, che non provo più le stesse cose per lui, al massimo affetto che credo non gli sia proprio arrivato perché troppo debole per riuscire a risalire il lungo piedistallo su cui è andato ad appollaiarsi nel tempo.

Così ho pensato alla banalità più banale che si dice sia all’inizio, quando capisci che tu e quella persona non condividerete mai nulla, sia alla fine, quando non ti tocca più neanche il ricordo più bello che hai, di lui: il tempo risolve tutto. E’ talmente scontato che liquidi la frase sempre con un’occhiataccia verso chi te l’ha propinata mentre dentro speri che sia vero anche se ti sembra assurdo, surreale e provi ad immaginare una te stessa che dal futuro ti saluta con la mano, felice e ti fa l’occhiolino come a dire -guarda qui come sei sopravvissuta bene-.

Quel che accade tra una banalità e l’altra, invece, è tutt’altro che semplice da definire.

Ogni volta, che accade.

Eppure lo vivi e aspetti…

Aspetti…

Aspetti…