
Una Cenerentola russa
Qualche giorno fa ho visto al cinema il film Il racconto dei racconti adattamento cinematografico di tre delle fiabe raccolte ne Lo cunto de li cunti di Basile scritto nei primi decenni del 1600: la regina, la pulce e le due vecchie.
Credo di non aver mai visto film più disgustoso in vita mia.
Non vi racconto le fiabe, che sono facilmente reperibili in rete, voglio parlare del modo, piuttosto, in cui sono state raccontate. Sarà stata anche colpa mia, non ho guardato trailers prima di andare a vedere il film, però ecco tutto mi aspettavo fuorché una pellicola dall’impronta decisamente splatter, roba che non tollero affatto. Ad un certo punto, infatti, ho capito che le scene violente non erano collaterali, ma proprio ricercate. Un conto per me è il thriller in cui vedi la pallottola penetrare nel corpo della vittima con il relativo spargimento di sangue, un altro è mostrare come una vecchia si lascia scorticare viva con un coltello per poi andarsene in giro per le strade del villaggio senza più un briciolo di pelle attaccato al corpo. Non sono facilmente impressionabile, ma credo sia stata la prima volta che ho chiuso gli occhi al cinema dinanzi ad una scena orribile. Come me in sala qualcun altro ha provato le stesse cose, dalla signora che alla comparsa dell’ennesimo mostro, dopo che lo stomaco era stato già messo abbondantemente alla prova in precedenza, urla -E adesso questo che cos’è?!-, alla mia amica si è ri-fiondata nel mio braccio e un altro paio di spettatori due poltrone più avanti che hanno cominciato a muoversi nervosamente sul posto, come se combattuti dal restare o andare via. Sembrava non ci fosse limite al peggio, scena dopo scena.
Il giorno dopo ho fatto qualche ricerca, ho chiesto in giro e mi sono resa conto effettivamente che una volta le fiabe erano così, crude e dalle scene forti proprio perché dovevano impressionare e lasciare moniti ai bambini, pillole di saggezza e di moralità al popolo. I finali non erano esattamente lieti ma somigliavano più ad una specie di karma nel quale a tutti veniva restituito il male fatto mentre le vittime di quest’ultimo, sempre se sopravvissute, potevano ritrovarsi in una situazione migliore della precedente, si, ma con i segni dei torti subiti che solo il tempo avrebbe curato poi davvero.
Per noi oggi, invece, la parola fiaba non significa affatto questo. Le storie che conosco io sono meno violente e più edulcorate. Proprio qualche settimana fa, ad esempio, sono andata a vedere la Cenerentola Disney, che nonostante tutte le cattiverie subite insegna che il coraggio e la gentilezza possono aver la meglio su ogni difficoltà. Se avessero messo in scena la versione di Basile, avrei visto una Cenerentola uccidere la propria matrigna, presa dalla disperazione, macchiandosi per sempre di un omicidio. Giuro che non l’ho inventato, La gatta Cenerentola è un altra delle fiabe presenti in quella raccolta.
Quale delle due storie preferireste mostrare ad un bambino voi?
Poi penso che orrori e violenza ci vengono mostrati ogni giorno da quando i criminali islamici ne hanno fatto la propria bandiera, che le ingiustizie sociali stanno dividendo le opinioni della gente e inizio a temere l’eterofobia piuttosto, che un conto sono i pari diritti, un altro è il sentirsi migliori, portatori sani di amore universale, a questo ci arrivo anche io da etero, grazie. La rabbia, l’invidia e lo stress stanno scavalcando l’umiltà e il rispetto per il diverso in nome di un aforisma figo condiviso su facebook o whatsapp.
A questo punto mi chiedo se, casomai, non viviamo proprio nel mondo delle fiabe.
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