Cartolina

“At this place…”

Rinchiusa nel suo cappotto si lamentava del freddo, sperando che qualcuno cogliesse il riferimento alla propria anima più che alla temperatura e guardava i piedi delle donne con cui stava conversando come se all’improvviso le loro paia di scarpe così diverse tra loro fossero più interessanti di tutti i commenti e le osservazioni che aveva ascoltato fino ad allora. Mi ero accorta che ormai aveva smesso di prestare attenzione alle parole degli altri già qualche minuto prima quando la vicina di casa aveva timidamente sfoggiato un -Vedi, si chiude una porta, ma forse, ecco, magari si apre un portone- come se avesse perso un lavoro e non una persona cara. Aveva annuito assorta. “… my thoughts came to you…”.
Un po’ la capivo, anch’io mi ero distratta. La casa era ormai piena di gente, sembrava una festa quasi, in tanti si ritrovavano dopo anni di assenze nelle rispettive vite, cresciuti, invecchiati, pieni di avvenimenti e novità da raccontarsi a vicenda. Io stavo lì cercando di riconoscere qualcuno, ogni tanto una prozia o una cugina di chissà che grado si avvicinava trovandomi più o meno somigliante a mia madre. “… came to you, then I…”
La casa era ordinata e semplice. Pochi quadri, pochi mobili. Alle pareti c’erano più che altro fotografie di nipoti da piccoli e souvenir. Uno di questi si trovava proprio lì dove stavo cercando di sembrare il più possibile invisibile per limitare baci e strette di mano all’indispensabile. Era un quadretto rettangolare delle dimensioni di una cartolina, in legno spesso un paio di centimetri. Su di esso c’era una foto ancora più piccola e poco riuscita delle cascate del Niagara e sotto, in caratteri dorati c’era una scritta che mi aveva colpita, forse per la rima, non so. Volevo appuntarla, fotografarla, ma mi sembrava inopportuno tirar fuori carta e penna o il cellulare allora sottraendomi di tanto in tanto agli sguardi altrui provavo a leggerla e memorizzarla, tra un sorriso e un saluto veloce. “At this place, my thoughts came to you, then…” –Vedi quella signora? E’ lei che ti cucì quei cuscini di cui mi hai chiesto l’altra volta, trentamila lire chiese all’epoca- mi disse all’improvviso mia madre sottovoce riferendosi alla signora bassina che stava poco più avanti a me, capelli ramati e in piega, mani congiunte in apprensione. Le risposi dicendo qualcosa sul fatto che andrebbero riutilizzati, sarebbe un peccato buttarli. Quella stessa signora poco prima in ascensore aveva accennato allo sconforto che ormai le era preso nei confronti della vita, dell’amicizia e delle persone in generale, specie pensando a quanto siamo fragili, al come poi tutto finisce così, non per nostra decisione per giunta e forse, credo, stavo provando qualcosa di simile anch’io. In giorni così infatti le lacrime più che altro sanno di mancanze, ci sentiamo persi e vorremmo un abbraccio o quell’abbraccio, tra quelle braccia meravigliose e calde, che ci sembravano il posto più bello del mondo.
“… I took this picture, so you can see it too.”. Ero rapita da quella frase, mi portava lontano e allo stesso tempo ero lì e potevo osservare, appuntare sguardi e reazioni, in fondo parlava anch’essa di qualcuno che era distante, ma importante al punto tale da desiderare che fosse presente proprio lì, in quel posto, in quel momento! Era una frase da cartolina in fondo, era ovvio fosse così. Chissà chi aveva portato quel quadretto lì, se l’aveva scelto apposta tra tanti o preso al volo prima di andar via, senza troppa attenzione. Ho pensato a tutte le cose che avevo visto, posti visitati, frasi, libri che avrei voluto mostrargli, ma non potevo. Altra lacrima. Mi sono venuti in mente scene di film e canzoni che nello stupido entusiasmo di un attimo ero certa gli sarebbero piaciute, salvo poi ricordare che non dovevo lasciarmi andare, l’idea di noi era già stata rinchiusa e messa via come si fa con le cose importanti da conservare e non servono ogni giorno. Tutti dimenticano che in fondo si rovinano lo stesso, anche così, mentre sbirciano il mondo da quell’angolo buio e riparato, al sicuro ma irraggiungibile. All’idea di essere anch’io una di quelle cose distolsi lo sguardo da quella dannata cartolina, ma era già troppo tardi, ormai non l’avrei dimenticata mai più.

“At this place, my thoughts came to you, then I took this picture so you can see it too”

 

13 pensieri su “Cartolina

  1. c’è chi pensa che le frasi da cartolina siano banali,
    chi le denigra in nome delle emozioni che possono racchiudere, e della libertà che chi le vive riesce a dimostrare senza paura del prossimo
    chi le banalizza disegnandosi addosso corazze e chi semplicemente crede
    che il valore della vita sia dato dal numero e dalla forza delle emozioni che in essa viviamo…

    io penso che

    “At this place, my thoughts came to you”

    sia vita meravigliosa

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      • sai Bianca, non so se siano spesso banali perchè molte volte la stessa frase assume contorni differenti a fronte della vita che stai vivendo in quel momento.. le emozioni più vere nella vita sono spesso frutto delle esperienze più semplici.. io per esempio considero l’abbraccio e il bacio due manifestazioni tra le più potenti in assoluto, se il bacio può racchiudere anche altro, l’abbraccio in se è semplicissimo… ecco a quel punto diventa banale chi le giudica, specie se poi giudica quelle di un suo prossimo che magari in quel momento ne subisce l’emozione… mi verrebbe da dirti di non sminuirla, forse in quel momento quella frase, per te, era proprio chissà che….

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      • Si hai ragione sul fatto che non bisogna giudicare, non è detto che un pensiero espresso in modo semplice sia meno importante di un altro più complesso… Banale non in senso negativo per me vuol dire scontato, come una frase da occasione, nel senso che te l’aspetti. Questo non significa che sia da meno però.. Infatti nel contesto del mio post quella frase mi salvava da una situazione non tanto gradevole, anche se poi son finita a ricordare cose che mi fanno ancora male.

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  2. un applauso.
    questo racconto mi è molto piaciuto, ha una base solida, il ritrovarsi di parenti e conoscenti, i più dispersi nel frattempo, in occasione di un lutto, e una struttura agile, imperniata sull’io narrante non toccata troppo direttamente dal lutto (probabilmente la morte di un lontano parente) tanto che cerca di defilarsi per evitare troppi sbaciucchiamenti, ma per un caso fortuito in sintonia con l’atmosfera mesta per motivi più strettamente personali che affiorano piano piano.
    due cose ho apprezzato particolarmente: il riverbero emotivo che la scritta della cartolina ha sulla protagonista (le riflessioni risultano spontanee, credibili) fino alla constatazione finale di quanto sia surgelato il suo legame d’amore con un lui che sembrerebbe impegnato unicamente a spegnere gli entusiasmi, e la chicca di inserire nella narrazione frasi della cartolina prima ancora che la protagonista l’abbia ancora letta, operando in questo modo una specie di dissociazione tra la scrittrice che già sa e l’io narrante che ancora non può sapere.
    ml

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    • Hai letto con un’attenzione che non mi sarei mai sognata e non avrei mai potuto sperare… Grazie 🙂
      Il racconto è basato su fatti reali ed è stata la forma che meglio interpretava quel che sentivo, quel che volevo scrivere…
      Grazie ancora…
      Un augurio di un felice Natale 🙂

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