Passività Strategica

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S. Ziche

Mia cugina cinquenne ha già capito diverse cose della vita molto meglio di me.

In realtà anche a me, alla sua età, sembrava di sapere molto di più su come vanno le cose, come fronteggiare le difficoltà e trovare un senso al frastuono assordante del mondo. Crescendo poi tutte quelle bianche certezze vanno disperse, man mano che gli ostacoli si presentano davanti a noi, feroci e ingombranti. E’ come se ad ognuno di essi dovessimo pagar pegno con una di loro, affinché ci lasci passare in pace verso un ostacolo nuovo e se possibile ancora più esigente. La cosa paradossale è che tutto questo percorso lo facciamo, in fondo, per ritrovare il punto da cui siamo partiti e ci auguriamo di arrivarci con quante più certezze possibili, tra superstiti e nuove di zecca.

L’ultima volta che è venuta da me credo che dal mio sguardo si potessero leggere ancora i resti dell’ultima lunga battaglia, durante la quale avevo cercato di conservare le mie certezze migliori dandone in pasto al nemico qualcuna più debole ma dalla faccia tosta, in modo da poterlo ingannare. I bambini ovviamente, però, non fanno troppo caso al tuo umore, specie quando hanno in testa l’ultimo infallibile piano che hanno elaborato per conquistare il mondo.

O la tua stanza.

Già.

Lei mi adora, ma ancora di più adora la mia stanza, che diventa puntualmente il suo personalissimo Paese delle Meraviglie da esplorare e mettere in disordine. I nostri vent’anni di differenza non fanno assolutamente testo.
Anche se non ci sono giochi, qualsiasi cosa lo diventa all’occorrenza nonostante i miei tentativi di salvare il salvabile, ma soprattutto di mantenere un certo contegno da cugina grande, perché si sa, tutti adorano tornare bambini quando ce n’è l’occasione.

Forse aveva notato che ero poco in vena di giocare o si sentiva particolarmente clemente, non so. Fatto sta che la volta scorsa decise di limitare le sue velleità da piccola conquistatrice alla mia scrivania, prendendo posto alla mia sedia e dedicandosi all’unica attività alla quale mi sentivo in grado di partecipare, ovvero, disegnare.

Mi dai un foglio? 

Non uno qualunque eh. Uno bianco. Grande. Io nel frattempo mi ero sistemata affianco a lei sulla sedia per gli ospiti. Iniziò a prendere tutto ciò che le occorreva dai miei portapenne in maniera ordinata. Una matita, le forbici (con la punta arrotondata, che stanno lì per lei), dei pastelli un po’ provati dal tempo, una penna, un righello, una graffetta (che non si sa mai). Dispose tutto intorno al foglio in maniera tanto precisa che iniziai a guardarla con una certa preoccupazione. Senza curarsi di me cominciò a disegnare con l’aria di chi, di lì a poco, era certa avrebbe fatto impallidire Van Gogh in persona.

Ripeto, non so. Forse è stato tutto un caso. Eppure in quel momento qualche vecchia certezza deve essersi liberata dalla prigionia e aver preso a correre all’impazzata sulla mia scrivania tanto che non potei non notarla e allungare la mano per riprenderla con me. Quando tutto sembra confuso e a pezzi, infatti, si può sempre ricominciare daccapo. Azzerare tutto, smetterla di forzare le cose e lasciare che spontaneamente tutto segua il proprio corso perché alla fine abbiamo tutti, dentro di noi, gli strumenti e le doti che servono per cavarsela in ogni situazione. Nel taoismo viene chiamata passività strategica. 

E così, ripartire dall’essenziale.

Tipo, da un grande foglio bianco.

17 pensieri su “Passività Strategica

      • Il “leggermente” era proprio un leggermente, non era ironico… perciò sì, non è molto diverso… dico solo che non credo affatto che tutti possiamo cavarcela in ogni situazione…

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      • Guarda forse ‘cavarcela’ appunto no. Dipende un po’ da cosa si intende. Nel senso che ‘tutto andrà a buon fine’, effettivamente è troppo. Se si pensa a cavarsela come ad un sopravvivere, passare l’ostacolo anche non bene ma sapendo che siamo ancora lì, ancora noi stessi con qualche consapevolezza in più allora si. E’ come dire che ogni situazione può portarci un po’ più verso il conoscere meglio noi stessi e se si pensa che questo è in fondo ciò che conta, direi che certe doti e consapevolezze non uscirebbero mai fuori se non per necessità…

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    • Esatto… I bambini sono di grande ispirazione perché non hanno pregiudizi e preconcetti, hanno la mente aperta e attraverso questa capacità riescono ad imparare tante cose, capacità che da grandi si perde ogni volta che ci si barrica dietro a false convinzioni per difendersi.
      Ciao K! 🙂

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  1. ricordo che la mia vita cambiò drasticamente quando mi convinsi di questo che hai scritto:

    “smetterla di forzare le cose e lasciare che spontaneamente tutto segua il proprio corso perché alla fine abbiamo tutti, dentro di noi, gli strumenti e le doti che servono per cavarsela in ogni situazione”

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  2. ci tenevo a citarti, a proposito, un passo di uno dei miei film preferiti:

    “È come arrivare su questo pianeta con una scatola di pastelli, c’è chi ha la scatola da otto pastelli e chi quella da sedici. Ma quello che conta è quello che fai, con i pastelli, con i colori che ti hanno dato. Non state a preoccuparvi di colorare fuori dai contorni, colorate fuori dai contorni, dico io, ma anche fuori dalla pagina! Non mettetevi limiti!”

    tratto da Waking Life

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