CronacheDalCondominio #5: La Pasqua per le scale

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Tutto è cominciato ieri al supermercato.

La sensazione che questa sia una Pasqua timida, semplice, sussurrata sottovoce mi è venuta mentre cercavo le fialette di fiori d’arancio che servono per la pastiera napoletana. Mi sono avvicinata alla cassa, perché è lì che le tengono di solito, e ho guardato tra quelle esposte. Vaniglia, rum, mandorla. Niente fiori d’arancio. Al che chiedo alla cassiera e quella mi fa:

“Fiori d’arancio?” sguardo sospetto “Le fialette le tengo io qua. Quante ne vuoi?”

Nemmeno le stesse spacciando. Sinceramente non ho capito perché tanto mistero, ma vabbé. L’importante è che le ho trovate, penso.

Poi. La dico così, di getto. Sono tornata a casa e ho acceso il televisore. Con l’Isis in giro festeggiare la principale ricorrenza cristiana mica è una cosa da niente. Non è più come quando da piccola mi scocciavo di seguire i miei in Chiesa ad ascoltare la Messa e prendere l’acqua santa nella bottiglina per poi benedirci la tavola. Festeggiare la Pasqua in molti posti del mondo non è una cosa tanto scontata. Forse non lo era nemmeno prima, ma qui ce ne rendiamo conto soltanto adesso. Forse è maturità o è un qualche effetto del terrorismo sulle nostre menti, però oggi sentiamo davvero che il mondo è molto più eterogeneo di quanto sembrasse e il recarsi in Chiesa è diventato un gesto un pochino, credo, più consapevole.

Non c’è grandiosità. Forse una vastissima scelta di uova di cioccolata sì, ma giusto perché il mercato asseconda l’altrettanta vasta offerta di cartoni animati e personaggi per bambini che è esploso in questi anni. Quand’ero piccola io c’era il Kinder. Punto. Al massimo il Bauli per femmine e quello per maschi, se proprio si voleva cambiare. Poche grandi riunioni di famiglia. Quando uno è vegetariano, l’altro mangia carne ma guai a mettergli davanti l’agnello, qualcuno è a dieta, un’altro ancora si è riscoperto ateo, beh, ognuno sta per fatti suoi e si fa prima. Allo stesso tempo sulle tavole sono tornate le cose semplici. La gallina in brodo, cosa che nemmeno più a Natale ormai. In palestra ho sentito una signora dire che non vedeva l’ora di mangiare le fave crude con il formaggio e i carciofi bolliti. Poi c’è l’evergreen del “le feste sono stancanti e basta non vedo l’ora che passino in fretta, che i soldi per la via Crucis del Papa li potevano usare per sistemare le buche a Roma”, ma non fa testo, viene riciclato per tutte le ricorrenze.

Il giorno della settimana santa che amo di più però è il sabato. Il sabato dei profumi. Passando fuori alle porte degli altri condomini oppure uscendo sui balconi arrivano profumi dolci e golosi di tutti i tipi. Il sabato è il giorno in cui si sta in casa a cucinare. In silenzio. Si cucina in meditazione. Un po’ in bilico tra tradizioni nuove e vecchie.

Oggi però una cosa mi ha colpita molto. Stavo scendendo di corsa le scale del palazzo e ho incrociato un padre e suo figlio che invece salivano lentamente. Il padre stava spiegando a suo figlio com’è che i discepoli di Gesù erano andati alla sua tomba, la domenica, e non ci avevano trovato più nessuno. Il bambino ascoltava assorto, come se fosse un recente fatto di cronaca. Strano perché mi è sembrato avesse l’età per il catechismo o almeno avrebbe dovuto sapere già quelle cose magari dette a scuola. Chissà. In ogni caso quelle poche parole, dette un po’ a bassa voce, così semplici, mi hanno stupita e hanno completato quella mia sensazione.

Quest’anno è così e non mi dispiace più di tanto. Una Pasqua di riflessioni delicate, di cose buone. Una pausa prima di affrontare il resto dell’anno.

Qualsiasi cosa sia per voi questo giorno, auguri di cuore.

19 pensieri su “CronacheDalCondominio #5: La Pasqua per le scale

  1. E’ una Pasqua sotto tono, intima e riflessiva.
    Sabato ho avvertito un pò ovunque odori che sapevano di buono, oggi avverto il silenzio misto a una delicata pioggerellina che viene giù da un cielo leggermente plumbeo.
    Auguri anche a te. ❤
    Affy

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  2. Ed ecco perché è sempre meglio fare le scale e lasciar stare l’ascensore. Ah, vabbè, a volte anche l’ascensore. In quel mezzo metro quadro spesso si condensano perle di saggezza, anche quando non ce la fai a non ridere. E chissà perché poi… niente, io non ce la faccio. Mi viene da ridere. Allora guardi in aria, leggi la targhetta, fai attenzione alla “capienza” e alle scritte graffitate dei nuovi primitivi.
    Non ho fatto in tempo per gli auguri… buona Pasquetta!

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  3. Contraccambio gli auguri con un po’ di ritardo.
    Anche la mia Pasqua è stata contenuta, diversa dal solito.
    Per la prima volta abbiamo ‘boicottato’ il pranzo in ristorante con tutti i parenti per stare a casa con mio padre e la famiglia di mio fratello. Eravamo solo in 8 (rispetto ai più di 20 abituali) abbiamo fatto un pranzo ‘normale’ e tranquillo, meglio così.
    Ciao.

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