Uomini che si allargano e spazi che finiscono

Quando tutto ciò che resta è un selfie in cui è venuto bene soltanto lui credo che una domanda sulla natura della frequentazione bisogna farsela.

Foto a parte, è anche vero che molte cose si intuiscono già al primo appuntamento. Al secondo, decidi di non fare la solita rompipalle e fai finta di niente. Dal terzo in poi inizi a chiederti se deve andare avanti così per molto tempo o forse prima o poi cambierà qualcosa. Ad un certo punto lui si prende così tanto spazio che un po’ alla volta tu finisci fuori dall’inquadratura e ciao.

Nessun rancore. Quel che resta, insieme al selfie, è giusto un po’ di dispiacere. Se una persona non ha alcuna intenzione di lasciarti un po’ di posto nella propria vita tutto quello che puoi fare è goderti i momenti belli e poi lasciar perdere quando capisci che dovrai ferirti alle dita nel tentativo di rimanere aggrappata a lui mentre l’inquadratura si rovescia impedendoti di restare in piedi al suo fianco.

Ho pensato a questa storia qualche giorno fa, mentre ascoltavo una notizia abbastanza curiosa al telegiornale. Pare che il sindaco di Madrid sia intervenuto, in seguito alle battaglie femministe di un gruppo di donne, le Mujeres en Lucha, per vietare sui mezzi pubblici della città un comportamento tutto maschile abbastanza frequente e fastidioso. In pratica, il sindaco ha posto il divieto di praticare il Man Spreading, ovvero quella cosa per cui gli uomini, mettendosi a sedere, allargano eccessivamente le gambe. Questo comportamento è stato definito come una mancanza di rispetto nei confronti di chi è seduto affianco a loro perché ovviamente è costretto a rannicchiarsi per evitare il contatto con la gamba che invade il suo spazio. In più sarebbe un gesto sessista, dal momento che allargando le gambe gli uomini cercano simbolicamente di mostrare e imporre il proprio sesso a chi gli è intorno. Per questo sugli autobus sono apparsi degli adesivi nuovi che mostrano un omino stilizzato seduto con le gambe aperte e una croce rossa che ricorda agli utenti di non fare altrettanto.

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Io sono stata una pendolare per diversi anni ed effettivamente mi è capitato spesso di dover trovare posti alternativi alle mie gambe dal momento che lo spazio che doveva essere mio veniva occupato da quelle di qualche tipo con lo stesso problema dell’omino stilizzato. Era fastidioso sì, ma percepivo la cosa come normale. In fondo, praticamente da sempre, gli uomini si siedono così. Si tratta di un gesto innato, virile, indispensabile alla sopravvivenza della specie e dell’orgoglio. Altrettanto normale, per noi donne, è fare le contorsioniste per evitare contatti con gambe, mani, piedi e altre parti del corpo maschile sui mezzi pubblici. Noi le gambe siamo costrette ad accavallarle. Stringiamo le ginocchia, ritiriamo i piedi sotto al sedile, incrociamo le braccia. Poi, se la situazione proprio si compromette, si va di gomitata e via.

Non ho mai pensato che un giorno una cosa così potesse essere vietata. Un divieto vero e proprio. Come non fumare nei mezzi pubblici, non appoggiarsi alle porte, non oltrepassare la linea gialla. Non tenere le gambe aperte. Suona strano. Esprimere come un divieto vero e proprio una cosa che dovrebbe essere una semplice regola di buonsenso. Educazione. Rispetto. Il problema è che se c’è un divieto, significa che dall’altro lato c’è qualcuno che si arroga il diritto di fare una cosa, anche se può dare fastidio agli altri. Se gli chiedi perché, ti risponde che è libero e può fare quello che vuole.

Libero di sedersi come e dove gli pare. Libero di allargarsi prendendosi anche il tuo spazio. Libero di non preoccuparsi di come le persone intorno a lui possono sentirsi. Libero di non chiederti mai come stai. Libero di provarci con un’altra davanti a te in un posto in cui non avevi chiesto di stare. Uomini così, quando si sentono liberi, si allargano. Invadono il tuo spazio nelle foto, a letto, nelle conversazioni. Alcuni di loro continuano ad allargarsi tutta la vita e le donne che hanno a che fare con loro finiscono per rannicchiarsi nelle proprie vite, per occupare meno spazio possibile, sperando di trovarsi almeno vicino al finestrino per poter respirare un po’. Altri dicono che quando si fidanzano poi cambiano. Come se il mondo fosse un parco giochi da godersi finché non arriva l’orario di chiusura.

Allora, giocate.

Non vi lamentate però se il bollino con il divieto di allargarvi uno poi ve lo attacca in fronte e se ne va.

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Il Toast all’Avocado

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Noi, quelli della mia età diciamo, saremmo quelli che spendono i soldi per comprare i toast all’avocado, invece di conservarli per comprarci, in futuro, una casa.

Questa cosa l’ha detta un po’ di giorni fa il miliardario australiano Tim Gurner, trentacinquenne, parlando della vita dei giovani d’oggi durante un’intervista in tv. Lui, a diciotto anni, faceva più lavori nella stessa giornata, risparmiava ogni centesimo e si è perso un po’ delle cose che di solito si fanno alla sua età per costruirsi un futuro. Un futuro da più di quattrocento milioni di dollari, al momento.

Quando ho letto l’articolo che riportava questa notizia mi sono sentita un po’ chiamata in causa. A me l’avocado non piace granché, però penso che il tizio abbia ragione. La mia generazione, pare sia quella dei Millennials, non ha conosciuto la fame e i sacrifici che i nonni hanno fatto durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale. Non sappiamo cosa significa non avere a disposizione i beni di prima necessità. Nemmeno quelli di seconda necessità. Siamo continuamente attratti da quelli di terza, quarta o quinta necessità. In pratica, dalle cose superflue.

Che tanto superflue non sono. No, perché senza, ci sembra di non esserci. Pare che il motto sia YOLO. You Only Live Once, si vive una volta sola. Per cui, meglio un costoso toast all’avocado oggi che un appartamento e una famiglia domani.

Oggi c’è la comitiva. C’è la pizza, ma solo se è quella di Tizio o Caio che la fa a regola d’arte con il metodo di una volta e con i prodotti bio e con il fiordilatte che se non è di Agerola allora fa schifo. C’è quel panino super calorico che però almeno una volta nella vita devi mangiare perché il tipo che ha aperto il locale è quello che ha iniziato nella cucina di casa propria a farsi i video mentre cucinava e poi li postava su Facebook. C’è l’aperitivo servito nel barattolo del sott’olio, il gelato che si mangia a partire dal cono, la fetta di torta a mille strati.

Mi sono accorta, ultimamente, che è raro uscire con i propri amici e trovarsi ad andare due volte nello stesso posto. Siamo delle trottole con gli smartphone in mano pronti a correre lì dove c’è la novità del momento.

Mi sono chiesta se sia davvero tanto sbagliato. Insomma, il settore della ristorazione ormai si basa anche su questo. I locali per aperitivi fanno a gara a chi offre la formula aperi-cena più invitante, a chi arricchisce l’ambiente con i dettagli più originali rispetto all’altro. Noi, quelli della mia età, viviamo nell’epoca in cui l’economia gira per cose così.

Mica tutti, poi, pensiamo alla casa e alla famiglia. D’accordo, alla casa forse si. Prima però ci vogliono i soldi, quindi un lavoro e prima ancora dobbiamo finire gli studi. Mentre lo facciamo, siamo bombardati di immagini di stili di vita del tipo YOLO. Per avere una famiglia, serve un partner. Per conoscerne uno che non sia né stronzo, né psicopatico abbiamo bisogno di tempo e di soldi per uscire e recarci in comitive nei suddetti locali. Insomma, è il cane che si morde la coda.

Sì perché, caro miliardario, i nostri nonni non avevano i toast all’avocado, ma all’epoca sposavano la prima persona di cui si innamoravano follemente e quello bastava. A scatola chiusa. Sempre che non si trattasse di matrimoni combinati. Non rischiavano di mollarsi dopo qualche mese di convivenza o di allontanarsi perché a letto non erano niente di che. Il lavoro? Era quello del proprio papà o zio oppure a sedici anni andavano a cercarsi già il primo perché non potevano studiare.

Allora non è che noi non pensiamo alla casa e alla famiglia. Il fatto è che non abbiamo punti fermi. In più ci dicono di vivere qui e adesso. 

E qui e adesso, caro Gurner, pare ci sia soltanto il toast all’avocado.