Il silenzio e il foglio bianco

silence music white paper

Un foglio bianco a me, un foglio bianco a lei. Una matita ciascuna.

Dai fai un disegno. Ne faccio uno anch’io e poi decidiamo qual è il più bello.

Panico.

Ero davanti ad un foglio bianco e mi è presa l’ansia.

Volevo spiegarle che il foglio mi sembrava perfetto così, bianco, e che non c’era nessun bisogno di sporcarlo. Ho sbirciato sul suo foglio. Aveva iniziato con un sole dai raggi ondulati e con il cielo. Era già al prato verde.

Non hai disegnato ancora niente? Guarda che io sono già avanti.

Guardavo la matita e il foglio. Una farfalla? No, banale. Fiori? Ancora peggio. Aiuto! Fantasia, dove diavolo ti sei cacciata? Ti sembra il momento di fare l’esistenzialista? Serve un disegno e serve adesso. Diamoci una mossa. Un disegno. E allora. Su. 

Guarda che poi devi anche colorarlo.

Al centro del suo foglio era apparsa una specie di caverna. Ah no. Uno, due, tre… Ah no, ecco, ha troppi strati. Un arcobaleno. Porca miseria. Ero rimasta indietro. Mi sentivo pessima. Eppure è come tutte le volte che non riesco ad interrompere il silenzio o come quando mi piace ascoltare solo i rumori che vengono dalla strada. Le voci, i clacson. Il mio preferito però resta sempre quello della pioggia. Meglio ancora se è un temporale. Mi fa stare bene. Nessuna melodia o canzone vale la pena di interrompere quel suono cadenzato e imperfetto che nessuno ha scritto e nessuno sa come finisce e nessuno mai potrà ripetere uguale. Perché dipende dall’intensità della pioggia, dalla grandezza delle gocce d’acqua, dagli ostacoli che incontrano cadendo e dall’inclinazione con cui li colpiscono. In mancanza di pioggia c’è sempre il silenzio che racchiude tutte le melodie, come la luce bianca che è composta da tutti i colori dell’arcobaleno. E cavolo la musica alle volte è così tremendamente banale. Sai già come inizia, sai già come finisce.

E vorrei spiegarle che è solo da poco che ci ho fatto pace e poi sarà la volta dei fogli bianchi. Una cosa alla volta.

La musica mi ha spiegato che se interrompo il silenzio non è vero che poi succede qualcosa di brutto. E tu, foglio bianco, sai cosa vorrei che mi dicessi? Che i miei sogni non si frantumano se non penso solo e soltanto a come realizzarli.   

All’arcobaleno mancavano giusto un paio di colori e poi sarebbe stato completo. Ho sorriso. Mentre ero lì a pensare è apparsa sul mio foglio una ragazza dai capelli foltissimi seduta a gambe incrociate sul suo divano e con una tazza fumante in mano. Un gatto dormiva beato sul tappeto davanti ai suoi piedi.

Alla fine ho disegnato il silenzio, su un foglio bianco.

 

25 pensieri su “Il silenzio e il foglio bianco

      • con le tue parole, con quelle che ti sarebbero potute venire in mente in quel momento, conoscendo chi avevi davanti… il punto non è se l’altra persona può capire esattamente il concetto che si cerca di esprimere.. il punto è lasciare un segno, come quello che lei ti chiedeva di lasciare sul foglio… lasciarlo sulla sua mente…. magari per un pò sarà un segno, ma chissà, domani si potrebbe trasformare in un concetto o in un ideale…
        io credo che troppo spesso trascuriamo la resistenza delle parole, specialmente con i bambini….

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      • Forse è come dici ed hai ragione tu, ma forse, anche se non gli interessano oggi quello che le avresti potuto dire sarebbe rimasto conservato in un cassetto della memoria per poi riapparire in futuro… io ho spesso la sensazione che noi adulti sottovalutiamo la proiezione che abbiamo nei loro confronti… d’altronde noi ci perdiamo poco, qualche minuto, ma ogni cosa non detta a loro resta solo un cassetto vuoto… sai quante volte mi tornano in mente parole e frasi che ho sentito da piccolo, senza che sia io a ricercarle??? Certo io probabilmente risento moltissimo l’assenza di una famiglia come la immagino io, ma mi piaceva solo far notare questo punto di vista..

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      • Condivido il tuo punto di vista 🙂 Solo che immagino una cosa come la descrivi tu in un altro contesto, un’altra atmosfera… ma concordo, i bambini non vanno trattati con quel fare del tipo ‘tanto non puoi capire’. Ovvio che bisogna offrire loro anche punti di vista che possono diventare spunti, subito o più in là..

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  1. il foglio bianco incute lo stesso timore di un ladrone con il bastone all’angolo della strada la notte…
    è un nemico da combattere anche a costo di sparare congiuntivi sbagliati che sono l’arma letale bandita persino da KIM e Trump

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  2. Ero completamente fuori strada: credevo che la protagonista narrante fosse una ragazza introversa, quasi una disadattata, che la psicologa cercava di smuovere da un immobilismo interiore proponendole di fare un disegno. E in effetti certi atteggiamenti dell’io narrante (il suo rapporto col silenzio e con la musica, il foglio che resta bianco) ci potevano stare con la mia interpretazione 🙂
    ml

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  3. sono d’accordo sui bambini/psicologi
    e confesso che nonostante quello che ho detto, in realtà non mi sentivo completamente fuori strada, ma non volevo sembrare offensivo: avevo percepito una sorta di voluta esasperazione di un certo tuo reale sentire, come per vederlo meglio. Insomma l’ho letto come una pagina che procede sicura sul crinale stretto tra reale, autoanalisi e fantasia, una pagina di quelle che piacciono a me 🙂

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    • Sono effettivamente sensazioni vissute davvero. Sono quelle che quando le scrivi sembrano un po’ folli, ma sembrava si sposassero bene con l’assoluta spontaneità che invece ha un bambino. Ed è proprio quella che ti spiazza e le fa sembrare ancora più folli. DIciamo che è un effetto che il tipo di sensazioni sortisce in ogni caso, ma così almeno ho potuto analizzarle per contrasto, il che le fa risultare anche più leggere. E poi c’è l’idea romantica del silenzio e del bianco che invece un bambino ancora non può capire. La materia prima con cui costruisco questo blog è quel che ho dentro… Non credo tu sia offensivo perché so che sai questo 🙂

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