E’ tutto uguale, ma diverso.

 

 

Silenziosa ed elegante la neve si posa ovunque. Sulle cose brutte e su quelle belle.

E’ la prima volta che vedo nevicare così. Sono saltata giù dal letto e per tutta la mattinata non ho fatto che ammirare e fotografare ciò che vedo già praticamente tutti i giorni e che ad un tratto è sembrato così diverso.

Nemmeno immaginate cosa significa per Napoli un inizio di giornata con la neve. Disagi a parte, che ovviamente non mancano essendo quasi completamente sprovvisti di misure adeguate a fronteggiare eventi meteorologici del genere, è praticamente una festa.
Infatti si dice che a Napoli fa caldo anche quando fa freddo.

Perché poi tutto si è sciolto appena il sole si è fatto largo tra le nuvole ormai vuote.

Per qualche ora mi sono incantata, come di fronte ad un trucco di magia.

E cosa importa alla fine?

Che è tutto così semplice. C’è bianco oppure ombra.

Come nel cuore.

E se perfino la natura cambia, si adatta, sorprende e poi torna come prima, perché non possiamo farlo anche noi?

 

“Dovremmo imparare dalla neve a entrare nella vita degli altri con quella grazia e quella capacità di stendere un velo di bellezza sulle cose.”
[Don Cristiano Mauri]

Cronache Dal Condominio #6: La conversazione da ascensore

ascensore donna elevator

Da quando vivo in un condominio ho dovuto imparare in fretta a fronteggiare situazioni che nella palazzina bifamiliare di paese in cui abitavo prima non avevano assolutamente modo di delinearsi per mancanza di elementi che propriamente ne sono le cause.

Non c’era, ad esempio, l’ascensore. Soprattutto, però, non c’erano possibili interlocutori. Di conseguenza, nessun pericolo di rientrare dopo aver portato fuori la spazzatura e trovare davanti all’ascensore qualcun altro in attesa dello stesso. Decisamente, non potevano crearsi imbarazzanti momenti del tipo entro-prima-io-no-meglio-prima-tu dovuti al fatto che non sempre si riesce a riconoscere all’istante la persona che ci è di fronte e ad associare in due nanosecondi il relativo piano d’appartenenza. Che si sa, l’ordine di entrata nell’ascensore deve essere contrario a quello di uscita, per evitare di incastrarsi nel tentativo di scambiarsi il posto o, peggio, di dover uscire fuori tutti per consentire al condomino giunto al proprio piano di raggiungere la porta di casa.

Sembra una cosa stupida, ma trovatevici e poi me lo raccontate.

In fondo pure Einstein l’aveva già detto. Parlando della relatività del tempo una volta affermò: “Quando un uomo siede un’ora in compagnia di una bella ragazza, sembra sia passato un minuto. Ma fatelo sedere su una stufa per un minuto e gli sembrerà più lungo di qualsiasi ora“. Si immagini quanto può sembrare lungo il tempo chiusi in ascensore con un estraneo durante il viaggio che porta dal piano terra al quarto piano.

A questo punto, confesso.

Devo dire che ho tentato, a costo di sembrare fuori di testa, ma l’ho fatto.

Eh si perché per evitare di trovarsi in situazioni del genere, specie quando l’umore non è dei migliori, i modi ci sono.

ascensore piano pulsanteUna volta vidi con la coda dell’occhio qualcuno che stava per varcare la soglia del portoncino d’entrata. Per evitare di condividere la corsa col suddetto ho accelerato il passo verso l’ascensore, ho aperto in fretta le porte e mi ci sono infilata dentro senza troppi complimenti. Mi sono sentita in colpa per aver costretto l’altro ad aspettare che io liberassi l’ascensore, ma un po’ anche soddisfatta, ecco.

Qualche altra volta mi è andata peggio. Alla domanda “Deve salire?” ho risposto che no, non avevo bisogno dell’ascensore e che io e le mie due buste della spesa avremmo potuto senza problemi prendere le scale. Aehm.

Poi ci sono quei momenti in cui proprio non puoi defilarti in nessun modo. E ti tocca.

La conversazione da ascensore.

Cosa, ditemi, di cosa si può parlare mai in una manciata di secondi? Di niente. Ecco. Fosse per me starei zitta. Il silenzio però è poco amico del tempo e lo fa sembrare ancora più lungo e imbarazzante. Allora bisogna inventare.

Se ci si trova in periodi di feste, l’argomento è facile da trovare. Pasqua e Natale offrono diversi spunti per considerazioni di pochi secondi, così come se c’è Ferragosto o qualche lungo weekend alle porte. In maniera simile, si può parlare del meteo. L’altro giorno, ad esempio, ho annunciato all’inquilino del secondo piano dell’arrivo di Burian, la perturbazione di origini russe che ha portato la neve OVUNQUE tranne che nella mia città. Il tempo di traumatizzarlo e ci siamo congedati.

Spesso si può prendere spunto dal look, da qualche gossip da condominio, dalla lampadina al terzo piano che è fulminata da due giorni e nessuno è andato ancora a cambiarla e cose così.

Insomma, si sopravvive.

Una volta, però, ne ho proprio approfittato.

Ho condiviso la corsa in ascensore con la vicina di casa. Lì, chiuse nella scatola elevatrice, condividendo poco più di un metro quadrato di spazio e pochi secondi di tempo, senza che potesse fuggire da nessuna parte o avesse la possibilità di cambiare argomento o trovare un qualsiasi motivo per evitarmi, gliel’ho detto.

La scala che ha nel balcone adiacente a quello della mia camera da letto sbatte tutta la notte contro il muro quando c’è vento e non mi fa chiudere occhio.

E che cavolo.

ascensore piani

Diario al contrario

hossein-zare upside down gravity

picture by by Hossein Zare

Questa mattina mi sono svegliata con la voglia fortissima di iniziare uno di quei diari alla Bridget Jones, con tanto di data ad inizio pagina, annotazioni sul numero di chili di peso corporeo, quello di bicchieri di bevande alcoliche consumati -troppi pochi ultimamente, a dire il vero- e una crocetta sui vari single, fidanzata, impegnata, confusa/stato sentimentale non pervenuto. Sigarette no, troppo sporadiche per fare testo.

Lì per lì ho pensato di prendere davvero un quadernino e iniziarne uno, ma mi ha fermata il timore di non essere costante nel tenere traccia di tutte le mie vicende personali, ma forse anche di più quello di esserlo sul serio, di incastrarmi con la mente in schemi troppo severi per quel burlone del caos che ama lanciare il bastoncino di legno sempre più lontano, non solo nello spazio, ma anche nel tempo.

Insomma, già è lunedì. Poi, c’è che ho dormito male perché ho sognato di persone che mi stanno sulle scatole.

Tra poco vado a preparare la moka per il secondo caffé della giornata.

Ho voglia di cambiare. Sentirmi diversa. Oggi è uno di quei giorni in cui sarei davvero capace di mettere tutto sottosopra, di capovolgere sedie, tavoli e persone, di scuotere libri per vedere se tra le pagine ho dimenticato qualcosa di poco importante, di chiudere porte e finestre, spalancare pavimenti e osservare la pioggia attraverso il soffitto.

Oggi potrei cacciar via tutti i fantasmi che abitano da anni ormai in ogni mio presente.

Potrei perfino sentirmi una persona nuova, una che ha imparato ed è pronta a ricominciare dalle parti più belle di se stessa per andare in posti diversi da quelli che la speranza aveva promesso in mesi e mesi di futili campagne elettorali.

Ho voglia di vivere l’amore dei miei film preferiti, finalmente, ammettendo che forse avevo completamente sbagliato i casting o addirittura i film.

Potrei esplodere, come la freccetta che non riesce a lasciare la mano del giocatore e si sente ingiustamente trattenuta mentre i bersagli si moltiplicano e si spostano tutto intorno a lui presi da una frenesia che è fatta solo di ansia, non di gioia.

E mentre aspetto che questa sensazione parta, lasciandomi finalmente libera, vado a cambiarmi prospettiva. Un attimo e torno.

Il tempo che esca il caffé.

Stato sentimentale non pervenuto. Chili da perdere: quattro. Drink: solo un paio di birre. Diciannove Febbraio 2018.

E se il principe azzurro è svenuto, noi lo ridestiamo!

[Post scritto a quattro mani da SognidiRnR e Bloom2489]

rapunzel principe svenuto

Dunque, dove eravamo? Ah si. Riprendiamo dal rimedio numero cinque:

5. Un paio di sani buffi sulle guance. Se al risveglio dovesse accusarvi di essere state violente e poco amorevoli, ricordategli che non siete affette da sindrome della crocerossina, ma donne che al momento giusto sanno avere polso, anche se quello che dite e fate potrebbe ledere momentaneamente il suo orgoglio. Quelle che non rischiano accondiscendendo praticamente a tutti i suoi capricci sono solo ridicole oche.

6. Tenetegli le gambe in calzamaglia alzate in maniera che il sangue possa circolare meglio. Casomai avesse attraversato una palude nauseabonda a piedi, nel dubbio, non sfilate gli stivaletti.

rapunzel principe

7. Sussurrategli all’orecchio i risultati delle partite dell’ultima giornata di campionato. Trattandosi di un’emergenza potete anche mentire e fargli credere di averli indovinati tutti e di aver vinto la bolletta.

8. Insomma, è un principe. Non avrà una fata madrina ma uno stregone di fiducia forse sì. Chiamate sua madre, sua zia, il maggiordomo di corte o la cameriera che gli stira il mantello e fatevi dare il suo numero. Vedrete che accorrerà con la pozione più adatta alla situazione.

Da quella che è la nostra esperienza in materia di principi svenuti –ovvero nulla- è tutto.

Intanto arriva San Valentino e… Aspetta.

San Valentino?

 

Ma porc… Miseriaccia!

E vi chiedete ancora perché è svenuto??

Semplice, si è finto moribondo per non portarvi a cena!

Lasciatelo immediatamente lì dov’è!!!

 

VI SIETE PERSI I PRIMI QUATTRO RIMEDI? Questo post scritto a quattro mani da SognidiRnR e da me inizia qui! —> E se il principe azzurro è svenuto, noi lo ridestiamo – SognidiRnR

rapunzel principe svenuto

L’aneddoto dell’arancia

aneddoto arancia tolleranza

Due sorelline stanno litigando per l’ultima arancia rimasta nel cestino della frutta.

La bambina più grande pensa che quell’arancia le appartenga, senza se e senza ma. Ne ha bisogno e poi l’ha vista per prima. L’altra sostiene la stessa cosa. Le serve un’arancia, purtroppo ce n’è una sola ed è indubbiamente la sua.

La madre le vede litigare. Si avvicina e chiede il motivo della discussione. Guarda l’arancia, oggetto del contenzioso, e prova a pensare ad un modo per mediare la situazione e cercare di accontentare entrambe le bambine.

Subito le viene in mente di dividere l’arancia a metà. Le sembra la soluzione più ovvia e semplice. Prende dal cassetto un coltello, afferra l’arancia e appoggia la lama sulla buccia per tagliarla, ma le bambine si disperano ancora di più.

Iniziano a sostenere che con una sola metà dell’arancia non possono farci proprio niente. E’ decisamente troppo poco. Mezza arancia non basta a nessuna delle due. La donna allora si ferma e decide di indagare meglio. Chiede ad ognuna cosa deve farci esattamente con l’arancia.

La prima sorella si asciuga le lacrime con la manica della maglietta e racconta alla donna che le serve la buccia per fare una torta all’arancia. La più piccola, a testa bassa, dice che semplicemente desiderava un succo d’arancia per merenda.

La madre sorride ad entrambe. Taglia l’arancia, ne spreme la polpa e da’ il succo alla sua figlia più piccola e consegna le bucce a quella più grande.

Questa storia che adesso ho scritto così, seguendo un po’ la mia fantasia, è un’importante “aneddoto” sulla mediazione. Fa capire come a volte litigando non ci si spiega bene accecati soltanto dall’ingiustizia di non vedersi riconosciuto un certo diritto.

La cosa che più mi piace di questa storia, però, è il modo in cui si dovrebbe, ogni volta, cercare una soluzione. La pace non è sempre nella via di mezzo. Non basta dividere l’intera arancia tra le due sorelline per far si che entrambe siano davvero soddisfatte. L’equilibrio spesso è trasversale. Va cercato ascoltando e spiegando. Non si tratta di simmetria ed uguaglianza. Anzi.

L’equilibrio è un incastro dai bordi imperfetti, fatto di parti che materialmente non pesano allo stesso modo ma che possono avere comunque valore diverso.

Allora penso che da questo tipo di mediazione potrebbe nascere qualcosa di meglio della semplice pace.

La tolleranza e il rispetto dei bisogni altrui.

Invece qui ci si sveglia un mattino e si scopre che una delle due sorelle s’è messa una bandiera italiana sulle spalle e ha tentato di sparare e uccidere l’altra.

Per una cazzo di arancia che nemmeno le serve intera.