La pasticceria

foto personale

“Sono rimasta nel traffico. Cazzo è tutto bloccato stasera! Va beh dai, sto arrivando.”

Ho messo le scarpe sbagliate oggi. Non sono adatte per aspettare in piedi, per strada, sui sanpietrini. E tira un vento che porcamiseria, non ho messo la sciarpa e nemmeno il cappello, domenica c’era la primavera, l’avete-vista-anche-voi, vero? E non so che fare adesso. Penso che potrei fare shopping. Entro in un negozio di abbigliamento. Mi sento troppo scocciata perfino per chiedere alla commessa il prezzo di quella giacca. Esco.

Ma si, quella pasticceria all’angolo. C’ha pure i posti a sedere. E’ proprio carina, ti metti lì, ti rilassi e poisaihovishiauialaosh.. La voce nella mia memoria si affievolisce. Non ricordo né dove l’ho sentita né da chi. Il vento continua a tirarmi giù dalla testa il cappuccio del cappotto. Attraverso la strada illuminata dalle luci gialle, bianche e rosse delle auto e proseguo sulla destra fino alla pasticceria. Mi affaccio dentro per vedere se ci sono posti liberi. La signora alla cassa mi invita ad entrare indicandomi l’ultimo tavolino in fondo. Mi siedo sulla poltroncina di pelle grigia chiara davanti ad un tavolino rettangolare che parte direttamente dal muro sotto la finestra alla mia sinistra. Le tende rosse sono raccolte ai lati della finestra e un pilastro dietro la poltroncina di fronte alla mia mi nasconde dal resto del locale. Dal mio posto posso sbirciare la vetrina lunghissima piena di dolci di tutti i tipi e buttare un occhio sulla strada da dietro al vetro che inizia a puntinarsi di gocce d’acqua microscopiche.

Non ho fame e ordino una tisana di un arancio carico che sa di mela, carota e zenzero. E poi, forse, devo essermi suggestionata come un’Alice che legge messaggi su bottiglie e su dolcetti dopo essere finita in una casetta cadendo in un pozzo profondissimo, mentre osservo invece sul talloncino alla fine della bustina della mia tisana la scritta Emozionami.

Pochi minuti e ho dimenticato il vento e il tempo e il vuoto che mi zavorra. Caspita, queste scarpe mi danno un’aria così sofisticata. Che belle le luci della città. Mi trovo in tutti i posti del mondo in un istante. Sono nell’Orient Express che sfreccia veloce di notte chissà attraverso quali terre, in un bar di Londra pieno di persone tutte sole e tutte parte comunque di qualcosa, in un caldo pub in Belgio e anche nel cuore di Napoli, ricordi quel posto? Dicemmo che ci saremmo tornate. E ovunque sto buttando giù idee su fazzoletti di carta con una penna trovata nella mia borsetta. Idee che diventeranno un racconto o magari un romanzo. E sono bella e forte e so stare con chiunque, se capita, altrimenti mi lascio cullare da una calda e sottile malinconia. Riesco a fare quello che mi piace e a non sentirmi in debito con la mia felicità quando faccio invece ciò che devo. Sto bene. Sto così bene.

“Ehi sono quasi arrivata”

L’ultimo sorso di tisana è freddo. Mi alzo, riprendo la borsa e lo zaino, pago ed esco. Una signora mi viene addosso mentre lotto con il vento per rimettermi il cappuccio. Scorgo da lontano le frecce d’emergenza e l’auto accostata al marciapiede. Il sogno si è infiltrato nelle trame della mia realtà e la città sembra più bella anche senza più quel vetro davanti.

12 pensieri su “La pasticceria

  1. Ci sono delle casualità che quando arrivano sembrano essere lì nel posto giusto al momento giusto. A te è capitata una parola, ma magari poteva essere una frase, una persona, ma anche una nuvola… Bello comunque il quadro che hai discritto!

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