Zucchero e caffé

In queste ore gira sui social una frase ironica che dice più o meno così visto che si può viaggiare solo all’estero allora ne approfitto per portare zucchero e caffé alla Regina. Si riferisce ad una usanza delle mie parti, quando c’è un lutto si fa visita alla famiglia di chi è mancato portando in dono pacchi di zucchero e caffé. Ricordo che quand’ero piccola i miei facevano questo tipo di regalo ai miei nonni anche in altre occasioni. La cosa che sempre, sempre mi faceva innervosire è che perdevano tempo ad incartarli, di solito con la classica carta bianco avorio a pallini dorati, mettevano il pacchetto in una busta e poi una volta arrivati a destinazione annunciavano ti ho portato un po’ di zucchero e caffé.
Nella mia testa avveniva un cortocircuito. Guardavo mia madre o mio padre e poi il pacchetto sul tavolo e viceversa. Non capivo perché lo incartavano se poi dovevano puntualmente svelare il contenuto del pacchetto. Mi dicevo che forse non era così entusiasmante da scartare e quindi gli evitavano la delusione, pur facendolo sembrare un regalo.

Sarà per la chiusura forzata in casa e quindi la mancanza di altri contatti umani, ma la morte del Principe Filippo insieme alle dichiarazioni della Regina è stato la mia forza me li ha fatti percepire per un momento come dei nonni e nulla più. I miei nonni sono mancati ormai molti anni fa, mia madre quasi due anni fa e a volte mi perdo ad immaginare le vite di chi ancora ha una grande famiglia, con i lunghi pranzi della domenica, le chiacchiere tra donne in cucina mentre i maschi si appisolano sul divano fino al momento del dolce, preceduto dall’arrivo del caffé. Ogni tanto sento il vociare proveniente da altri appartamenti, specie quando alcuni si riuniscono sui balconi a fumare.
Mi chiedo come riescono alcune famiglie a restare unite, mentre altre si slegano, semplicemente, anche senza chissà quali conflitti interni. Mi dico che forse è perché vengono a mancare le persone che fanno da collante con tutte le altre.

Ci svegliamo un giorno in un mondo completamente diverso da quello che conoscevamo e perdiamo l’identità che avevamo avuto fino a quel momento, per cui cambiano i ruoli, i rapporti e le dinamiche tra i membri della famiglia. Insomma, mi manca quella sensazione che qualsiasi cosa accada, andrà tutto bene. Perché si parla e non c’è nemmeno bisogno di chiedere aiuto. Le cose si fanno insieme e non ognuno per fatti propri, per poi raccontarsi solo quel che serve a mantenere il ricordo di ciò che eravamo. Sembrano esistere dei protocolli da famiglia reale perfino nelle vite di noi sconosciuti, tacite procedure se succede questa cosa o quell’altra che poi non è nemmeno apparenza, ma un non saperlo fare diversamente, risultando come affetto che viaggia distorto e gesti che non proteggono più di tanto dal freddo.

Il Principe e la Regina si sono separati dopo più di settanta anni insieme e non importa quanti protocolli reali staranno lì ad infagottare tutto o quante lacrime saranno sincere, è mancato un nonno, anche se Reale. Anche uno dei miei era del ’21, ma avrebbe già compiuto cento anni. Però non credo che alla Regina avrebbe fatto piacere il caffé.

26 pensieri su “Zucchero e caffé

  1. Mia madre faceva da collante per le riunioni familiari allargate, e dalla sua dipartita il legame – sebbene affettivamente rimanga forte – ci porta a non incontrarsi più come una volta.
    Zii, cugini, nipoti… siamo un bel gruppo, ma ora anche causa Covid – vivendo anche in città diverse – ci si vede davvero poco.

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  2. Ho sempre pensato che la mancanza dei miei nonni abbia segnato la fine di un’era; noi che siamo rimasti non siamo riusciti a tenere unita la famiglia che inevitabilmente si è slegata, per motivi più o meno validi. Ed è successo nel tempo, mancando a un pranzo domenicale, una telefonata di compleanno sostituita con un messaggio frettoloso, alla distanza. Queste chiusure e solitudini forzate me ne hanno fatto rendere conto ancora di più.
    Anche dai miei parenti in Sardegna si usava portare caffè zucchero e savoiardi, non sapevo perché e mi sembrava un’usanza strana soprattutto perché a casa a Roma non si usava portare altro se non spumante o dolci, una pianta magari, in base all’occasione e la confidenza. Però era una bel modo di fare, inizialmente lo vedevo come una forzatura ma crescendo ho capito che era un’accortezza del passato a cui si restava legati senza troppe domande.

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    • Ah beh con i savoiardi e il caffè ci si può fare un tiramisù che è romano 🙂
      Comunque si, riconosco la dinamica. Restare aggrappati alla telefonata di auguri.. io non ci riesco. Era mia madre che ci pensava e io non posso sostituirla.. Alle volte sento che sbaglio con il messaggino, ma spesso non riesco proprio ad esprimermi di più. Le chiusure tristemente non hanno cambiato molto, in certi casi.
      Grazie per essere passata ♥️

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      • Loro li mangiano bevendo caffè, di accompagnamento. Io preferisco di gran lunga il tiramisù 😄
        Per le chiamate penso tu debba fare quello che ti senti, alla fine portare il peso di una “sostituzione” non sarebbe comunque giusto.
        Forse le chiusure fanno sentire più soli, accentuano certi cambiamenti dovuti alle assenze o altro; io mi son ritrovata a pensarci più spesso di quanto non facessi prima.
        Grazie a te per lo spunto di riflessione, mi ha fatto piacere risentirti❤

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  3. Ormai 30 anni fa è venuta a mancare nonna e sono arrivati in dono zucchero e caffè: all’epoca non capivo perché soprattutto mi è rimasta in testa una frase di mia mamma: “ancora si usa portare zucchero e caffè !” Il suo tono era incredulo e io ho automaticamente legato questa usanza alla notte dei tempi: quella delle interminabili veglie e di comari che pregavano e piangevano.

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    • Si.. penso si usasse fare caffè a oltranza da offrire tutti quelli che andavano in visita alla famiglia del defunto, quindi forse per questo se ne regalava. Grazie per aver condiviso questo ricordo 🤗

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  4. Mi sono sempre chiesto se in condizioni come quelle che hai descritto si possa misurare la grandezza umana di una persona oppure il rispetto o ancora l’ipocrisia… Non sono mai riuscito a rispondermi escludendo due delle tre, a rotazione, a turno…

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      • Hai ragione Bianca, scusa, ho fatto una considerazione in base al mio vissuto e ovviamente detta così non si può comprendere, allora vediamo: mi riferivo alla considerazione che è stata fatta sulle persone che per la loro semplice esistenza fungono da collante per famiglie, gruppi, associazioni ecc ecc… e che nel momento della loro scomparsa determinano anche l’interruzione di quella catena umana che sembrava esistere grazie a loro. Tutte le volte che ci ho riflettuto su ho preso in considerazione degli aspetti che mi hanno portato a pensare a pregi e difetti di questo meccanismo senza che riuscissi mai ad escludere uno dei tre citati che provo a riepilogare. Importanza e carisma di questo vertice è indubbiamente una qualità di quel tipo di persona che è in grado in qualche modo e per i più svariati motivi di far mettere in secondo piano volontà e libertà delle altre persone membri di quell’insieme. Allo stesso tempo però la mancanza di questo vertice molto spesso nei vari membri comporta la perdita dell’insieme ed è a questo punto che mi perdo nelle considerazioni “negative” ovvero nel momento in cui viene meno una sorta di “obbligo” morale, civile, affettivo allora i membri si sentono più liberi o meno vincolati quando invece la reazione naturale dovrebbe essere quella di “rinforzo in memoria” e molto molto spesso tutto decade nel momento della mancanza fisica del vertice. In questo senso non sono mai riuscito a misurare in che modo l’equilibrio di una sorta di considerazione o giudizio si possa assegnare verso il vertice o verso gli altri membri riuscendo ad eliminare almeno due dei tre fattori descritti, grandezza umana, rispetto o ipocrisia. Ogni volta che ho provato a razionalizzare questo tipo di insieme non sono mai riuscito ad isolare uno solo fattore. Non so se sono riuscito a spiegarmi meglio così…

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      • Ciao Erik, sisi adesso capisco e credimi se da un lato me lo chiedo anche io, spesso, dall’altro finisco per rifletterci poco perché alla fine concludo che quel ruolo preferisco lo abbiano altri, io di natura non sono tipa da capo-comitiva o legante della famiglia. Sicuramente lo sono stata ma laddove il gruppo era equilibrato e quindi in base alle circostanze, in genere, a turno si diventa il “collante”.
        Penso solo che laddove le dinamiche siano troppo squilibrate nei confronti di una sola persona carismatica, che fa il bello e cattivo tempo, allora c’è qualcosa che non va. Gli altri le sono intorno per interesse, noia, invidia o tentativo di emulazione. E io da gruppi così mi allontano.

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      • si, immaginavo che il tuo confronto con la questione andasse in quella direzione da quello che scrivi sempre. la sola discriminante sulla considerazione finale che hai fatto, in senso generale ovviamente, secondo me è quando si riesce a rendersene conto. A volte secondo me è possibile che anche noi stessi se non svolgiamo il ruolo del vertice finiamo per essere ad ogni modo componenti di quegli altri che hai citato, magari anche solo per un piccolo periodo, credo sia impossibile escluderci a priori da quella lista a meno di non vivere da eremiti

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      • Si ma quando parlo di rapporto equilibrato intendo che possano esserci situazioni in cui c’è una sorta di leader carismatico bilanciato da qualcuno dalla personalità introversa ma affidabile, insomma in un bel gruppo tutti in qualche modo anche indirettamente si aiutano a vicenda..

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      • Certo, spero di non esser stato frainteso, il mio commento non voleva riferirsi alla tua situazione descritta quando ad un osservazione di riflesso sui vari casi possibili. Quello che descrivi nella situazione di equilibrio è probabilmente la massima espressione di collaborazione umana, preziosissima quando si trova e capace di fare cose molto importanti..

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  5. mi piace questa tradizione e mi piace che siano due alimenti semplici, poco più che simbolici (a differenza di altre zone in cui si portano ai parenti dei defunti teglie di pasta, piatti di carne, dolci sontuosi, perdendo proprio in questo eccesso l’autenticità del gesto).
    meno mi piace l’impacchettamento, non concordo con i giapponesi che considerano l’involucro in cui si presenta il dono più importante del suo contenuto.
    ciao
    ml

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    • Io invece penso che la presentazione sia importante, sia segno di aver perso del tempo, una ricercatezza che significa (non sempre forse) affetto.
      Tra i miei amici l’usanza si è persa, in cambio si fa un po’ di spesa e si cucina al momento qualcosa per distrarsi, per lasciare qualcosa in frigo per i giorni successivi, quelli peggiori..

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  6. Non sapevo di questa cosa di zucchero e caffè: a me non è mai capitato.
    Però adoro le tradizioni e soprattutto le radici.
    Certo la circostanza spezza il cuore, ma a volte è più facile aggrapparsi ai gesti semplici per spezzare l’interruzione.
    Ti ringrazio molto per avermi insegnato questo e condivido il post.

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