Fotografie di silenzio

Lo ammetto, ogni tanto ho pensato a chi si trovava al mare o alle terme a fare beatamente niente, fermo, disteso al sole o lasciandosi cullare dalle onde o dall’idromassaggio. In particolare l’ho pensato quando i sentieri diventavano di una pendenza tale che mi serviva usare le mani per proseguire, aggrappandomi qua e là, quando mi sono accorta che avevo bisogno di tenere una mano, più per aiutare la mente che il fisico. L’ho pensato quando attaccata con due moschettoni dovevo superare un ponte sospeso a sette metri di altezza tra gli alberi camminando su una trave di legno larga quanto il mio piede e con un cavo di acciaio per mantenersi, ma soprattutto quando ho capito che quello era il ponte più semplice da superare. Di nuovo, quando le braccia mi hanno tradita, dopo un’ora buona di equilibrismi vari, sulla parete di corde e sono caduta rimanendo sospesa nel vuoto. Ho capito che può essere difficile accettare di aver bisogno di aiuto, ma anche che cadere alle volte è di un sollievo meraviglioso. Mi son detta davvero non doveva far così schifo rilassarsi sotto ad un ombrellone quando salendo su un albero a dieci metri di altezza mi son ritrovata assicurata con un solo moschettone, che l’altro si era sganciato da me mentre lo spostavo per salire.
Un bagno l’ho fatto, in un fiume, nell’acqua gelida camminando su un fondo scivoloso di ciottoli e fango dopo aver pagaiato tre quarti d’ora con le braccia ancora provate dalle arrampicate e per qualche minuto mi sono sdraiata, dietro un albero, durante la partita di soft air attenta a non muovere un muscolo e non pestare per sbaglio qualche foglia che avrebbe rivelato all’avversario la mia posizione.
Mi sono ritrovata più volte davanti al limite di non credermi capace di fare l’ultimo sforzo. Un limite vero, di quelli che ti fermano, di quelli che il cervello comanda al resto del corpo di fermarsi a valutare se continuare o no. C’era da concentrarsi per capire il giusto movimento per non rischiare di farsi male.
Poi in mezzo a tutti questi pensieri, alla percezione che la natura fosse più impervia di quanto immaginassi, ho trovato ciò che al mare, ecco, non avrei trovato. Il silenzio. Dopo aver scalato un sentiero di pietre o di foglie e ramoscelli o di fango alzavo lo sguardo ed ero circondata dalle montagne. Dopo aver superato le rapide del fiume il gommone scivolava sull’acqua liscia contenuta tra rive rigogliose. Dopo esser giunta sulla piattaforma di un altro albero mi fermavo ad osservarne i rami placidi e maestosi che mi circondavano. Insomma ogni volta, dopo la fatica e il cuore a mille e il respiro affannato mi aspettava il silenzio assoluto. Queste immagini in pochi attimi mi sono entrate dentro e quel silenzio che non avevo mai sentito prima si è connesso all’istante con qualcosa di molto profondo, come un bisogno, nell’anima.

15 pensieri su “Fotografie di silenzio

  1. lo conosco quel silenzio che si conquista con la fatica delle gambe: che tu sia solo o in compagnia, che tu sia in cima a un albero o al culmine di una salita, c’è quel momento in cui il silenzio ti dice che sei andato oltre la gente, oltre ai rumori della civiltà, oltre a dove credevi possibile. è un silenzio a specchio, ti fa vedere fuori e ti fa riflettere dentro.
    ml
    PS il lago di Scanno, accidenti mi fai tornare a un’epoca remota, in viaggio con papà per quei luoghi!

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    • Si concordo completamente. E non vedo l’ora di tornare a sentirlo 🙂
      Che ricordo meraviglioso il tuo 🙂
      Noi volevamo fotografare il lago dal punto esatto in cui appare a forma di cuore ma avevamo sbagliato sentiero. Io ero davvero esausta e guardando il lago da dove eravamo ho pensato ma si, mi basta anche così, anche se non sembra perfettamente un cuore. Ci hanno indicato la strada e dopo aver ripreso fiato la voglia di farcela è stata più forte. A pochi metri dalla fine mi sono fermata di nuovo, c’era un dislivello parecchio alto da scendere. Mi sono seduta a terra e sono scesa così. E alla fine ci sono arrivata!

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  2. … il tuo silenzio mai sentito prima … è come se potesse arrivare fin qua.
    Perché conosco quel bisogno dell’Anima. Non sentire nulla per poter sentire veramente.
    Una vacanza meravigliosa.
    Grazie per averla condivisa con quel tuo modo di raccontare che apre finestre multiple. Una più bella dell’altra … ❤

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    • Ad esempio pensavo al mare, li per quanto possa non esserci nessuno senti comunque le onde, almeno quelle al largo. Li invece era silenzio assoluto, che davvero non avevo mai sentito così.
      Il soft air è divertente 🙂 Io l’ho fatto in un bosco ed è stato faticosissimo raggiungere i vari campi, salite tra gli alberi che ho fatto aggrappandomi agli arbusti, poi serve molta strategia e fiato perché una volta raggiunto il campo da gioco poi devi correre, nasconderti, sparare 🙂 Rispetto al paintball o altri in cui se vieni colpito ti colori o suoni, qui prendi solo i pallettini e ti fai un po’ male se ti sparano da vicino, ma poi ognuno deve dichiararsi (se l’istruttore non vede che sei colpito). Quindi si basa molto sull’onestà dei partecipanti 🙂

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      • il silenzio assoluto ha un effetto assordante… non conoscevo bene la distinzione tra soft air e paintball almeno in termini di regolamento ed onestà… interessante… mi attrae la parte di strategia e anche di fatica fisica e poi alla fine da come l’hai descritto dev’essere anche molto coinvolgente mentalmente..

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      • Si, ma molto dipende dal resto dei partecipanti che capitano 🙂 nel mio caso la fatica è stata predominante in alcuni momenti perchè venivo da altre avventure 🙂 se provi fammi sapere!

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