Gironzolando tra gli ultimi minuti dell’anno

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E’ difficile che un anno appena trascorso mi lasci qualche insegnamento specifico. Insomma, ci sono i momenti belli e quelli brutti, le soddisfazioni e le delusioni che più o meno si bilanciano nell’arco di dodici mesi. Passano nella mente ricordi di gioie e di tristezze e qualche beh se avessi saputo, allora avrei fatto così. 

Mi fermo sotto la porta della mia stanza.

Mia madre è indaffarata a togliere i panni asciutti dai termosifoni per mettercene altri ancora umidi. Li gira, li aggiusta, qui ne mette altri due, lì tre. –Prenditi la tua roba asciutta-, dice.
Tendo l’orecchio destro. Glenn Miller. E’ sempre stata la colonna sonora del fine anno. Se mio padre mette Glenn Miller allora da qualche parte dietro a quel broncio deve essere felice, o almeno ci sta provando. Sorrido e ballo un po’.

Quest’anno invece ho imparato due cose in particolare.

Le parole hanno un peso. E un senso. Sembra banale e scontato. Invece no. Forse è perché ho litigato con quasi tutte le persone a me più vicine, una cosa che per me è ancora nuova. Le parole non sono solo dei tratti a due dimensioni e con spessore trascurabile come sembra a prima vista. Portano con sé significati ben precisi e al di là di quel che si dice a proposito di quelle scritte che restano e  le pronunciate che invece volano, tutte hanno un effetto. Imprevedibile, che si consuma in pochi istanti o si snoda attraverso giornate che formano settimane e poi mesi.

Niente è definitivo. Anche se lo sembra. Specie quando lo urliamo, lo desideriamo o lasciamo scappare dalla bocca quel mai più. Le cose si rompono, si aggiustano, fanno capriole, le perdi, le rincorri, finalmente le trovi e magari non sono nemmeno più come le avevi conosciute all’inizio. Sono migliori oppure peggiori. Tutto cambia, affinché non cambi niente. Perché in qualche modo devi ritrovarti di nuovo sulla tua strada e se hai la mente aperta capisci anche il motivo di tutte le deviazioni e il mondo sembra brillare per qualche istante in maniera che la lezione ti si imprimi nel cuore per sempre.
Niente è un dramma se non vogliamo che sia tale oppure può esserlo e poi non esserlo più. Un po’ come ci pare.

Energia è stata la parola che è rimasta al mio fianco durante questo anno, silenziosa, a volte capricciosa ma ogni volta che alzavo lo sguardo sugli spalti lei c’era a spronarmi e ammonirmi. Ho fatto un sacco di cose bellissime che non avevo mai fatto in vita mia e che però hanno occupato tutto lo spazio e il tempo che in realtà mi serviva per lavorare ad obiettivi a cui tenevo molto.

Forse è solo questione di raddrizzare il tiro. Ci vuole energia, sì, ma bisogna anche usarla nel modo giusto. Voglio parole chiare, obiettivi realizzati, voglio capire e farmi capire meglio. Pare che tutto ciò si chiami Assertività.

Mi sono innamorata di questa parola e la voglio con me, da domani, ogni giorno.

E c’è il telefono che suona, i panni che asciugano, Miller che vaga libero per casa attenuandosi di stanza in stanza, i dolci in bella vista, le candele in attesa, le lenticchie in acqua e io che gironzolo tra i minuti di questo ultimo giorno per assicurarmi di esser pronta al nuovo anno.

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Facciamo Due Chiacchiere, Blog?

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Cavolo però quella storia della parola dell’anno ci aveva preso.

In pochi mesi mi sono ritrovata indaffarata come mai avrei creduto fosse possibile.

E mi manca tantissimo stare qui. 

Allora stasera ho pensato di mettermi sul letto con il pc sulle gambe e cercare di recuperare un po’ di tempo perduto con il mio blog. Come se fosse una persona che negli ultimi tempi ho trascurato. Lo so, pensare al blog come ad una persona significa che proprio bene bene non sto. Sarà effetto dello stress.

Eppure sono felice di essere stressata. Davvero. Credo sia molto più pericoloso e deleterio non avere impegni e progetti da realizzare. C’è una similitudine bellissima che lessi non ricordo più dove che riguardava il modo moderno di intendere le giornate. Venivano paragonate a delle bottiglie vuote che scorrono in fila, una dietro l’altra, su un tapis roulant e noi siamo gli operai che devono riempirle a tutti i costi con qualunque cosa ci capita a tiro. Se non ci riesci, per la società moderna, non sei nessuno. Non stai vivendo. Stai perdendo tempo. Allora anche se stai cinque minuti senza far niente ti senti in colpa e prendi il cellulare dalla tasca e apri un’app a caso pur di far qualcosa.

Per un bel periodo mi sono sentita così. Come se stessi sprecando spazi e minuti. Pensavo troppo e agivo poco. Adesso che ho mille cose da fare invece mi mancano molto quei momenti che trascorrevo qui, sull’editor degli articoli, a ricostruire i miei percorsi emotivi, ad esplorare sentimenti, analizzare cose viste o sentite in giro.

Mi manca parlare con te, blog. Pormi domande assurde e tirar fuori risposte dal fumo di una tazza di tisana calda. Mordere cucchiaini mentre cerco l’immagine adatta ad un post. Mi manca parlare con me. Scrivo poco perché non mi parlo. Non ho percorsi emotivi da ricostruire perché qualche tempo fa ho lasciato i miei sentimenti a casa e ho detto loro di aspettarmi, che quando sarei tornata avrei avuto storie da raccontargli. Allora non si sono mossi da lì, mentre io invece sono sempre in giro. Al massimo dovrei ricostruire mappe dei miei spostamenti fisici, non di quelli interiori.

Credo sia questo il motivo per cui quando provo a guardarmi dentro il mio sguardo si scontra con uno specchio e torna su di me.

Forse il mio inconscio vuole dirmi di approfittarne, vivere il momento e pensare a me stessa.

Oppure ce l’ha con me e ha trovato il modo per non farmi più entrare.

‘Energia’

Dunque?

Eccomi qui.

A dir la verità, ero lì fuori a cercare quel pensiero nuovo che ad inizio anno era mancato all’appello.

Poi è successo che, una volta trovato, mi si è attaccato addosso e ha iniziato a trascinarmi in giro e non sono riuscita a fermarmi più.

Per fortuna.

Questo pensiero in realtà è concentrato tutto in una parola sola. La parola ve la dico tra poco. Vi spiego prima da dove è arrivata.

A fine Gennaio mi sono iscritta alla newsletter di Susannah Conway grazie al suggerimento di Fabiana Pozzi. Chi sono, direte. Fabiana è una Counselor e Floriterapeuta, ma soprattutto è una donna simpaticissima e piena di risorse, dalla quale ho imparato tanto. Ci siamo conosciute tramite Principesse Colorate e attraverso le sue newsletter e la sua pagina Facebook ho ricevuto un sacco di spunti interessanti. In una delle sue newsletter parlava di Susannah e del suo Find Your Word 2017. Si tratta di una serie di brevi esercizi di riflessione che servono a trovare, appunto, la propria parola dell’anno. Sembra uno di quei giochini da rivista che si fanno ad inizio anno mentre si aspetta il proprio turno dal parrucchiere e, lo ammetto, inizialmente ho pensato di cimentarmi solo per curiosità e non perché avessi davvero capito cosa significasse. Perfino quando ho trovato la mia ci ho messo un po’ a farlo.

Cos’è davvero la propria parola dell’anno? Altro non è che un pensiero condensato e che rappresenta ciò di cui abbiamo più bisogno per riuscire ad essere al meglio di ciò che siamo: è una guida, un’ispirazione. Potrebbe essere anche un risultato già raggiunto e che vogliamo far in modo sia sempre presente nei giorni a venire. La si trova semplicemente riflettendo sul punto di vista da cui vorremmo riuscire ad affrontare le nostre sfide e raggiungere i nostri obiettivi.

Ad inizio anno io mi sentivo praticamente una tabula rasa. Una nave appena sopravvissuta a delle tempeste spaventose e che necessitava di qualche riparazione e soprattutto di una nuova direzione da seguire. Ne avevo abbastanza delle zavorre che mi avevano appesantita a tal punto da impedirmi di fare anche un solo passo, dei pensieri negativi, delle paure. La mia prospettiva doveva cambiare e trovare una parola che in qualche modo potesse riassumerla mi è sembrata un’ottima idea.

Susannah da’ modo di trovare la propria parola mettendone a disposizione qualche decina tra cui scegliere o da cui farsi ispirare. Invita a giocarci e a rifletterci su, ad immaginarne i sinonimi e i contrari. Così, quasi alla fine del ‘gioco’ mi ero ritrovata con un post-it su cui avevo annotato:

Amore, Accettare, Coraggio, Valore, Potere, Dinamico.

Giravano tutte intorno ad un’altra parola che però non riuscivo ancora ad individuare. In particolare ‘Dinamico’ vibrava più delle altre. Tuttavia non centrava completamente la sensazione che avevo dentro e che, a questo punto, scalpitava affinché le dessi finalmente un nome. Allora, riflettendo su Dinamico, mi è venuta in mente Energia. In quel momento sono saltata dalla sedia. Era lei la parola giusta e aveva a che fare con tutte le altre e l’ho annotata sul post-it. Nei giorni seguenti quasi dimenticai questa storia delle parole. Ero troppo presa da un mare di impegni che occupavano i miei giorni completamente, come mai nel periodo tra Gennaio e Febbraio mi era mai successo, anzi. E’ sempre stato per me il peggiore dell’anno. Un periodo in cui solitamente sono scocciata e depressa. Questa volta, invece, stavo riuscendo a realizzare e a portare a termine un sacco di cose.

Energia!

Ho buttato un occhio sul post-it e la parola era lì che mi guardava.

Non era stato un caso o soltanto un giochino frivolo.

L’energia l’avevo dentro ed era il mood nel quale già da settimane ero entrata senza rendermene conto. Ho sorriso e ho pensato che finalmente un’ispirazione per l’anno nuovo ce l’avevo.

L’unica cosa negativa è che siamo a Marzo e ancora non ne avevo scritto qui. Queste settimane sono trascorse in fretta e spesso a fine giornata provavo a mettermi qui al pc per scrivere ma ero troppo stanca per farlo.

Vi assicuro che alle volte si passa attraverso periodi così bui che perfino quella stanchezza lì ti piace. Significa che finalmente hai ricominciato a vivere davvero.

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Foto personale

 

 

 

 

 

 

 

Cronache Di Un Trasloco #2: Ansia

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C’è una cosa che ho capito ed è che i cambiamenti nonostante si possano percepire come improvvisi in realtà non lo sono davvero, nascono mentre stai prendendo tutt’altre decisioni e maturano pian piano fino a prendere la forma che li rende evidenti.

Eppure a poche ore dal trasloco m’è presa l’ansia.

Forse è una cosa normale e nessuno mi aveva avvertita a riguardo. Forse nasce dal fatto che vecchio e nuovo implodono in un piccolissimo spazio temporale nel quale non riescono a convivere. Si crea un concentrato altamente instabile di ricordi, paure, progetti, speranze, nostalgia, preoccupazioni e soddisfazioni che speri possa volatilizzare al più presto, diluendosi in cieli più sgombri, come se davvero il cambiamento avvenisse in un momento soltanto, nonostante sia cresciuto al nostro fianco giorno dopo giorno.

Se da un lato questa sembra una delle tante trappole della mente, dall’altro credo che certe volte l’ansia la si può sfruttare a proprio vantaggio come spinta propulsiva, energia aggiunta all’entropia che già esiste e costringe a non voltarsi più indietro.

Spero che sarò il più presente possibile tra le vostre pagine, nonostante mi mancherà wi-fi e tempo nei prossimi giorni 😉

*… Vita Alla Vita …*

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“Un’anima gemella è chi ha serrature ove entrano le tue chiavi, e chiavi che aprono le tue serrature. La nostra anima gemella è chi condivide le nostre più profonde aspirazioni, chi ha il nostro stesso orientamento. Quando siamo due palloni, e la nostra aspirazione è salir su, insieme, allora è probabile che abbiamo bell’e trovata la persona adatta. La nostra anima gemella è chi dà vita alla vita.”

[Un Ponte Sull’Eternità – Richard Bach]

*… Whooah, We’re Half Way There! …*

 

We’ve got to hold on
Ready or not
You live for the fight
When it’s all that you’ve got

Sono straordinari secondo me. E Jon è tremendamente sexy, ora come trent’anni fa.
Questa è una delle canzoni più belle e modestamente, so anche suonarla. Al Guitar Hero 😀 Per me i Bon Jovi sono energia pura.
E loro come pochi altri rockers sono in grado di trasmetterla così…

*…A.A.A. Diavoletto Di Maxwell Cercasi…*

Il diavoletto di Maxwell è un esperimento mentale nato per provare a confutare il secondo principio della termodinamica. Quello per cui, per dirla rievocando un’immagine estremamente comune, tra un corpo caldo e un corpo freddo il calore fluisce sempre dal primo verso il secondo e mai viceversa finchè non raggiungono la stessa temperatura. Ed è impossibile che da uno dei due continui a fluire calore riscaldando di più l’altro. Poi di enunciati ne esistono diversi, ma questo è il più familiare.

In generale però si dice anche che in un sistema isolato l’entropia non può che crescere o restare invariata, e mai diminuire. Tempo fa (caspita, 2 anni fa, e chi se lo ricordava…) ne riportai una spiegazione in questo post. L’entropia è una misura del disordine di un sistema. Basta pensare ad una goccia di inchiostro lasciata cadere in un bicchiere d’acqua. Le particelle di inchiostro iniziano a diffondersi in maniera disordinata finchè non raggiungono un nuovo equilibrio miscelandosi all’acqua. E’ impossibile, però, che quelle particelle, così, all’improvviso, prendano iniziativa e tornino indietro a ricostituire una goccia.

Non sarebbe un processo spontaneo. Non è il naturale modo di evolversi del sistema. Un processo irreversibile non può tornare indietro di testa sua, al massimo ci si deve spendere altra energia per farglielo fare.

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Allora nacque questo esperimento mentale, ideato dal fisico Maxwell. Mi affascina sempre l’idea di mettersi dall’altra parte di un ordine precostituito e provare a vedere se esiste un’altra possibilità, un altro punto di vista. Era una sorta di ribellione a questo principio fondamentale. Mettiamo che esista un diavoletto, dotato di grande abilità e velocità e di una vista molto acuta. Si potrebbe prendere un contenitore diviso in due parti da una piccola botola, ogni parte riempita con lo stesso gas.
Vedendo una particella di gas muoversi più velocemente delle altre, lui aprirebbe la botola facendola passare dalla parte sinistra a quella destra, richiudendo subito dopo. Così, di testa sua. Impedendo che accada il contrario. A furia di far aumentare il numero di particelle a destra, in quella parte lì andrebbe ad aumentare anche la temperatura.

Ecco qui. La possibilità di riscaldare un corpo senza utilizzare altra energia. La possibilità di creare l’ordine dal disordine. Il gas disposto in una sola parte invece che vagante in due. Sovvertire un equilibrio spontaneo. Come se quello stesso diavoletto potesse ricreare la goccia di inchiostro mandando tutte le sue particelle in una direzione precisa, tutte belle in fila ordinate.

Sarebbe una cosa grandiosa. Se si avesse a disposizione un diavoletto del genere, si potrebbe realizzare qualunque cosa. Andar contro le logiche. Passare dal caos all’ordine, come ci pare e piace. Decidere di prendere una direzione qualunque, senza alcun limite.

Purtroppo, già a livello mentale, teorico, la cosa non funzionerebbe. Figuriamoci dei mille problemi sul pratico. Eh si, perchè sto diavoletto avrebbe bisogno di vedere quello che fa. Avrebbe bisogno di luce, quindi, di energia dall’esterno. E il famoso principio si riprende la sua rivincita mandandoci a quel paese. Vince lui, di nuovo.

Niente diavoletto, dunque, l’esperimento fallisce. Non è possibile impedire ad un sistema di raggiungere il suo naturale equilibrio. La direzione è unica. La freccia del tempo, ovvero l’entropia, prosegue inesorabile.

E noi qui. No, non la famosa canzone. L’entropia è un concetto che si estende a qualunque campo, non solo la fisica. Di processi irreversibili se ne potrebbero contare a migliaia. Che facciamo noi, allora?

Sempre tante scelte davanti ed un’unica direzione. Ad ogni scelta ne segue un’altra, sempre in maniera più o meno consapevole. Il tempo non torna indietro. Come l’acqua di un fiume che va sempre verso valle. Si è mai visto un fiume che sale su una montagna? No. Servirebbero delle pompe idrauliche. Energia.
E noi saltelliamo da un equilibrio all’altro. Ciò che siamo,vogliamo e facciamo lo rendono unico e soltanto nostro. Fermi sempre nello stesso punto è impossibile stare per troppo tempo. Il sistema si espande, si evolve. E cerca un equilibrio. Se ci si illude di rimaner fermi basta guardarsi un attimo intorno e rendersi conto che si sta andando avanti per inerzia.

Qualche volta scegliere è facile, altre difficile. Giornate intere, mentre si è apparentemente fermi, a pensare cosa sia meglio tra ciò che conviene e ciò che è giusto. Perchè poi c’è da considerare anche che la soluzione equilibrata non è detto sia anche la migliore per tutti. Teoria dei giochi docet. E la confusione e il caos ti prendono e tutto ciò che desidereresti è quel dannatissimo diavoletto. Che non esiste. Tutte le idee girano a vuoto perchè, intanto, il caos è diventato una specie di tromba d’aria e stanno girando su se stesse, mentre tu cammini nell’unica direzione che ti è concessa.

Ma in ogni tromba d’aria che si rispetti, però c’è la famosa zona di quiete, giusto al centro del vortice.

Quando ti va, puoi sempre buttare un occhio lì dentro.

Lì c’è silenzio e sereno. Puoi lasciare che i pensieri sfiorino quella pace. In fondo che male fa un esperimento mentale.
Una piccola anteprima di ciò che sarà quando, finalmente, il nuovo equilibrio sarà giunto.

*… Abbraccio Senza Tempo …*

Due Ciliegi innamorati, nati distanti, si guardavano senza potersi toccare.

Li vide una Nuvola, che mossa a compassione, pianse dal dolore ed agitò le loro foglie…ma non fu sufficiente, i Ciliegi non si toccarono.

Li vide una Tempesta, che mossa a compassione, urlò dal dolore ed agitò i loro rami.. ma non fu sufficiente, i Ciliegi non si toccarono.

Li vide una Montagna, che mossa a compassione, tremò dal dolore ed agitò i loro tronchi.. ma non fu sufficiente, i Ciliegi non si toccarono.

Nuvola, Tempesta e Montagna ignoravano, che sotto la terra, le radici dei Ciliegi erano intrecciate in un abbraccio senza tempo.

 

*… I Trust In You …*

In un altro post parlai già del forum che Richard Bach aprì circa un anno e mezzo fa per tenersi in contatto con le persone che avrebbero avuto piacere di condividere con lui pensieri e riflessioni giornaliere, alimentate sia dai suoi libri che da nuovi spunti che la sua mente sempre pronta e vivace tirava fuori, compresi, anzi, soprattutto, quelli provenienti da una delle sue più grandi passioni, il pilotare aerei (l’altra è ovviamente la scrittura). L’amore che ha per il volo è smisurato, è la sua vita. Ho scoperto che è anche membro onorario del Biplano Club Italia. Ha avuto tanti aerei, compreso il relitto del P-51 Mustang, uno dei più importanti aerei della Seconda Guerra Mondiale (da giovane è stato anche pilota dell’aviazione americana). Quando dico ‘amore’ non esagero. Il suo ultimo libro, Travels With Puff, è una raccolta risistemata di una specie di diario di viaggio che aveva sul forum. Un viaggio dalla Florida a Washington State a bordo del suo Searey, un biplano, la dolce, acuta e sensibile Puff. Perchè il suo biplano ha un nome, pensa ed è una femmina? Questo si scopre leggendo il libro (: Diciamo che se sei in viaggio, quasi completamente da solo, per tanto tempo, non si tratta soltanto di pilotare un aereo, ma è anche l’aereo stesso che insegna qualcosa al pilota. Una connessione profonda, d’amore e di fiducia.

La mia amica Jennifer voleva convincermi a prenderlo in lingua originale, come ha fatto lei, le dissi però che avrei preferito aspettare l’edizione italiana, perchè in effetti in inglese l’ho già letto. Convenimmo sul fatto che, in effetti, leggere qualcosa nella tua lingua madre ti permette di goderne appieno, le emozioni arrivano in maniera più diretta e più forte, perchè in certi casi non si tratta di capire e basta. Jennifer è americana ma vive in Belgio, l’ho conosciuta proprio attraverso il forum ed è una persona stupenda. Intelligente, intraprendente, simpatica, da poco compiuti i 50 e ha uno spirito da ragazzina, sa darmi prospettive della vita interessanti e, una volta, anche un’ottima ricetta per i waffle che feci con l’aiuto di A. organizzando un waffle-party per il mio ultimo compleanno. In cambio le diedi la ricetta per la pizza, mi farà sapere 😛 Quando sua figlia andò in gita a Firenze mi chiese che tempo faceva da quelle parti, per sapere se doveva farle portare maglioni o no e le passai un buon portale meteo, ovviamente non poteva riferirsi al mettere giusto un attimo il naso fuori.

Questa sera parlavamo della scomparsa improvvisa di Kerry Sim, marito di Kristelle, la figlia di Bach. Un attacco di cuore appena dopo aver posato per l’ultima volta il suo aereo nell’hangar, di ritorno da uno dei suoi soliti voli. Anche se da lontano, ha sentito l’amore e il rispetto da parte del piccolo gruppo sopravvissuto alla chiusura del forum, successiva all’incidente che Bach ebbe proprio con Puff. Jenn mi ha detto che sarebbe grandioso se decidesse di riaprirlo, sorretto da nuove energie e nuove cose da condividere in seguito appunto a ciò che è successo. Pensiamo che potrebbe non appena troverà le parole giuste.
Abbiamo riflettuto sul fatto che è incredibile come grazie a lui, e lui lo sa, si sono intrecciati una serie di rapporti tra persone diversissime per età e nazione e che ormai vanno avanti da soli. Alcuni si sono incontrati superando anche due o tre stati di differenza. Persone che hanno trovato una serie di affinità e arricchiscono le reciproche vite. Ho imparato che nonostante mille differenze si può partecipare ad una gioia, provare dolore o paura. Trasmettere energie positive e poter dire io credo in te, lo so che ce la farai. Ci si può fidare di un sentimento sincero. E tutto ciò vale ugualmente in tanti altri contesti. Il web permette di creare cose così belle. Purchè ci sia sempre rispetto e attenzione. Ci sono tante cose che funzionano esattamente come dal vivo.
Mentre pensavo a queste cose e salutata Jenn, ho ritrovato questa:

Se ti eserciterai ad essere immaginario per qualche tempo, capirai che i personaggi immaginari sono talora più reali delle persone con un corpo e i battiti cardiaci.
[Illusioni – Richard Bach]

Sembra in contrasto con ciò che ho detto prima. Sembra, soltanto.

* … E Questa Sera Si E’ Alzato Il Vento …*

Il cuore batte forte, chissà che gli è preso stasera, ecco, all’improvviso, chissà che motivo ha di agitarsi tanto, proprio ora, così, senza che sia successo nulla di particolare. Volevo scrivere, si, ma avevo in mente tutt’altro. E invece quel battito fuori dall’ordinario suggerisce tutt’altre parole, magari a sapere il perchè, a sapere dove vuole andare a parare. Una strana agitazione, una specie d’ansia che, butti uno sguardo in giro, soltanto tu percepisci. E grazie, come potrebbe essere altrimenti, per fortuna. Prima di iniziare ho pure cliccato sul corsivo, anche se di solito scrivo dritto e uso il corsivo per altre cose. In questo momento ho anch’io la testa inclinata a destra e forse è per questo che ho inclinato pure le parole, così sembra che siano dritte lo stesso.

In fondo hai imparato che all’occorrenza il sistema di riferimento può essere cambiato, se ti serve per dimostrare una tesi o semplificare delle ipotesi, però lo dici prima, che vale solo in quel sistema di riferimento. Non ti illudi, non hai trovato una soluzione che va bene per qualsiasi caso, ma ti insegnano anche che è una giusta approssimazione del caso reale, che presenta così tante variabili che a tenerle tutte in conto si perde la testa, tanto poi l’influenza di quelle che non prendi in considerazione non è poi così significativa, e anche quel “significativa” lo stai a stabilire tu, in base al rischio che pensi di accettare. Per esempio una casa la tiri su sapendo di accettare una probabilità di “failure” pari ad un certo valore stabilito dalla legge. Quindi con la possibilità, remota, estremamente remota, che possa cascare giù o che non serva più per ciò per cui è stata progettata. Perde di funzionalità. I materiali non sono perfetti.

Perfezione… Lanci uno sguardo alla tv, si stanno ammazzando a trovare una spiegazione del perchè si ricorre alla chirurgia estetica. Pare siano tutti d’accordo che sia necessaria per problemi gravi, amen. Poi s’azzuffano ad analizzare tutti gli altri motivi. Uno di quei programmi in cui vanno sprecate tante parole soltanto per fare spettacolo e mostrare qualche seno nudo complice l’ora tarda. Basterebbe che si alzasse qualcuno a dire “E’ tutta una questione di gusti, di come ci si vuole vedere, dell’idea che ci si è fatti di sè, del proprio punto di vista, il proprio riferimento”. Che poi anche lì c’è il rischio, come per la casa, vabbè. Potrebbero anche alzarsi tutti da quelle poltroncine e andare a fare qualcosa di più utile. Stanno a dire che la bellezza vera dovrebbe essere quella naturale, senza troppe pretese, ogni donna ha la propria e hanno la capacità allo stesso tempo di celebrare gli stereotipi. Su quelli si che si va sempre sul sicuro. Come per il film che hanno mandato in onda prima, uno di quelli che ti sei sempre rifiutata di vedere, nemmeno fosse un horror, soltanto perchè ti stanno sulle scatole tutti quei luoghi comuni che sono nati sugli esami di maturità. Canzoni, film, libri. Odio quando qualcuno si mette sul piedistallo con la pretesa di aver capito cos’è che si prova in determinate situazioni e giù a scrivere sceneggiature tali che più cazzate fanno fare ai protagonisti, più soldi fanno ai botteghini. Come se tutti i ragazzi d’Italia avessero provato le stesse cose la notte prima dell’inizio degli esami. Tu non ti ci ritrovi e t’arrabbi. Però resti a guardarlo, perchè c’è Panariello che ti fa sempre ridere.

E’ sempre una questione di riferimenti allora. Guardi le cose da un altro punto di vista e cambiano. In realtà le cose cambiano proprio nell’atto di osservarle, ma questo lo sa bene quel povero gatto nella scatola. Non si sa se è vivo o morto finchè qualcuno non si da’ pena per andare a vedere che fine ha fatto. Chissà se qualcuno mai si è chiesto cosa pensa il gatto. E si, ogni tanto ti fai anche delle domande un po’ assurde. Lui non può vedere cosa succede là fuori. Credo che sappia almeno che qualcuno c’è e sa che lui sta lì. Soltanto questo sa. L’ha capito. I gatti sono furbi. Qualsiasi cosa stiano facendo, lui è lì tranquillo che pensa ai fatti suoi. Tutt’al più si chiede perchè proprio un micio. Potevano metterci pure un pappagallo, che ne so. Quella strana smorfia sotto ai baffi, però, forse è un sorriso. Non lo ammetterebbe mai, no, ma sotto sotto gli fa piacere, anche se è tutto un gioco, una creazione della mente, che stabilisce un limite e poi ci torna, ogni tanto, a spostarlo un po’ più in là. Sposti i confini, cambi i riferimenti, tutto per trovare sempre un nuovo equilibrio, mentre nel frattempo lì ci sei sempre tu.

“Tutto cambia, per non cambiare nulla.”

piena soddisfazione

E’ da più di un anno che hai questa frase tra le bozze. E’ del prof. Eppes della serie tv Numb3rs. E’ spuntata fuori proprio adesso. Qualche volta ti capita di conservare un pezzo di un puzzle e che tutto il resto dell’immagine ti si materializzi quando meno te l’aspetti. Una sera che il cuore ti batte forte. Una sera che troppe emozioni vengono tutte insieme a trovarti. Lo spazio non è piccolo, ma loro sono davvero tante. Sei troppo stanca per dare un nome a tutte però. Nella confusione se ne è intrufolata qualcuna non gradita, quelle che di solito lasci fuori alla porta perchè non ti piace immaginarti insieme a loro. Ciò che non ti piace lo chiudi fuori, di solito. Ti rendi conto che qualche anno fa eri molto più fiscale, adesso invece, un po’ più malleabile. Uno spiraglio lo lasci aperto perchè da un lato la curiosità in te è sempre più forte di ogni altra cosa (cavolo, la curiosità uccise il gatto… di nuovo lui, povero, ma mi chiedo se quella del gatto o dei tizi fuori) e dall’altro ti piace pensare che sai gestire questioni che prima depennavi, stracciavi, mandavi fuori dai piedi all’istante. Stai pensando a come sono nati questi cambiamenti, qualche volta tra una lacrima e una voglia matta di abbracciare qualcuno. Peccato che non c’era “qualcuno” che lo sapesse. Se tu non lo dici a “qualcuno”, come fa poi a saperlo, eh. Magari con la testa un po’ inclinata. Cambia il riferimento, e tutto viene da sè. Come le parole in corsivo, vengono fuori da sole, vedi? Che da dritte nemmeno sotto tortura lo farebbero.

Apri l’ultima scheda del browser, per questa sera. Tutta questa storia ti ha ricordato di qualche nozione di grafologia di cui hai sentito parlare da qualche parte. E trovi questo:

“La scrittura dritta o leggermente inclinata mantiene il centro di gravità dentro se stessa, vale a dire l’individuo pone le basi del suo rapporto con il mondo all’interno dell’Io, vive la sua realtà interiore individuale come origine della sua costruzione della realtà e a partire da questa si relaziona con il mondo esteriore.
Quando aumenta progressivamente la spinta a destra, il centro di gravità si sposta dall’interno all’esterno: ora l’individuo non riesce più a percepirsi in modo autonomo e sufficiente a se stesso, ma necessita di un rapporto di relazione per stare in piedi.”

Per stare in piedi adesso ti ci vorrebbe più una dormita, magari. E’ tardi, quella gente si è pure alzata dalle poltroncine, e te stai friggendo sotto al calore del pc. Ci penserai domattina. Qualcosa ti dice, però, che a parte un crampo nel collo e un enorme sproloquio nelle bozze ben poco ti rimarrà di questa sera. E’ ovvio, certe emozioni ti travolgono, come un’onda spinta da un vento un po’ più forte del normale. E ci credo, soltanto un surfista starebbe in equilibrio su un’onda e io non lo sono. Poi l’onda si ritira e ti lascia sulla pelle solo l’odore del mare. Solo. Alla faccia. Tra un’onda e l’altra è quell’odore che ti accompagna sempre, pure se non ci fai troppo caso, a volte. Ma appena si alza il vento, si fa sentire eccome.

E fuori, infatti, c’è un bel temporale.