
Era una domenica pomeriggio e cambiavo stancamente i canali della tv in cerca di qualcosa di minimamente interessante che mi impedisse di spegnerla senza pietà. Alla fine un film di cui non conosco né il nome e né la trama, attirò la mia attenzione. Era ambientato in America, al tempo in cui gli uomini indossavano cappelli con ampie falde e le donne vestiti lunghi e ricamati. Delle volte capita di vedere film interi e non conservare alcun ricordo particolare di loro. Altre, di arrivare al momento giusto del film, quello che per qualche strano motivo resterai a guardare e non dimenticherai più. Non so cosa è accaduto prima e dopo e ricordo soltanto questa scena che, estrapolata dalla storia, è diventata davvero importante per me.
Un uomo agitatissimo si rivolge alla bambina che vive con lui in una casa di legno, in piena campagna, spiegandole che deve fare una cosa importantissima, anche se pericolosa e che lei non può assolutamente seguirlo. C’è una bufera di neve, davvero troppo forte e lei deve restare a casa. Lui deve uscire là fuori e cercare una persona che si è persa. La bambina lo guarda con occhi spaventati. Quella bufera mette davvero paura, dalle finestre non si distingue più nulla di ciò che c’è intorno alla casa, è solo tutto bianco e terribilmente uguale. L’uomo prima di andare da’ una pistola alla bambina dicendole che se non fosse tornato entro un certo tempo (che non ricordo), avrebbe dovuto aprire la porta e iniziare a sparare dei colpi in aria. Il rumore degli spari, infatti, sarebbe stato l’unica cosa che lui avrebbe potuto distinguere in quell’inferno di neve per poter ritrovare la direzione giusta, verso casa. La bambina fa cenno di aver capito, e l’uomo esce di casa e dopo pochi passi scompare alla vista. Lei, impaurita, si tiene istintivamente alla pistola, tenendo il conto dei minuti che passano. Si accorge che il tempo prestabilito è quasi scaduto. Aspetta ancora un po’, ma non vede nessun’ombra avvicinarsi. Allora si fa coraggio e apre la porta. Si mette appena un po’ fuori la casa e inizia a sparare. Uno, due, quattro, cinque colpi. Niente. Non vede arrivare nessuno. I colpi finiscono. L’uomo si è perso nella bufera. Presa dal panico, torna subito in casa e cerca una pentola e un utensile di ferro. Ha un’idea. Corre fuori e fa l’unica cosa che le sembra possibile: continuare a fare più baccano possibile per far si che l’uomo possa sentire un qualche suono, anche flebile, scandito con un certo ritmo e ritrovare la strada. Batte l’utensile sulla pentola con tutta la forza che ha. Come se non ci fosse nulla di più importante al mondo. Senza sentire il freddo e la fatica e il braccio che inizia a farle male. Dopo un po’, finalmente, inizia a scorgere qualcosa. Un’ombra più scura in tutto quel dannatissimo e vorticoso bianco. L’ombra si avvicina e prende sempre più la forma di un uomo, con una donna in braccio. La bambina scoppia in un sorriso stupendo e ancor di più mentre velocemente rientrano nella casa di legno, al caldo.
Magari a questo punto qualcuno si starà chiedendo se il film intero non fosse effettivamente di gran lunga più interessante, ecco. Io restai incantata e sul punto di finire in lacrime, tanto che mi emozionai. Credo perchè in quel momento, come a volte capita con una canzone o con un libro, quella scena stava interpretando un qualcosa che facevo ancora fatica a capire ma che era nella mia testa già da un po’.
Mi sono sempre chiesta cosa fare quando una persona che ami, per utilizzare ancora le immagini del film, finisce suo malgrado in una bufera di neve o ci si butta dentro in maniera consapevole perchè sa che è lì che deve cercare le sue risposte e da nessun’altra parte, nonostante tu stia lì a ripetergli che potrebbero esserci altri mille modi per trovarle. Cosa fare quando il cuore ti si spezza nel vederla perdersi e soffrire e non poter far nulla per aiutarla. Perchè il tuo aiuto effettivamente non serve. Ha bisogno di stare lì da sola, di farsi domande, di incontrare altre persone nella sua stessa bufera, imparare e dare consigli che poi magari servono anche a lei. E capire. Crescere dentro. Mentre tu resti lì come un’idiota, incapace di decidere cosa fare. Perchè l’istinto ti direbbe di seguirla. Di non lasciarla da sola. Con il risultato grandioso di perderti a tua volta in una bufera che per quanto brutta possa essere, per te lo è ancora di più perchè ti è totalmente estranea. In qualche modo non è la tua bufera. E’ la sua, e vi siete persi entrambi. Non riuscite nemmeno più a vedervi. Un disastro. E ne farai tesoro, certo, ma ti porta di nuovo punto e a capo. Ti ritroverai di nuovo sull’uscio della porta senza sapere cosa diavolo fare.
Poi magari ti ricordi di tutte le volte in cui sei stata tu quell’uomo pregando chiunque provasse a tenerti per la giacca di lasciarti andare perchè non era altro che una questione che avevi da risolvere con te stessa e nessun altro.
E così nel momento in cui mi sentii così solidale sia all’uomo che alla bambina del film, si è come accesa una lampadina. Che, vabè, nel mezzo della bufera è come accendere i fari nella nebbia, lo so. Sembra una soluzione, ma non è che risolva granchè. E’ più un’indicazione, un aiuto, un’alternativa. Io direi, un gesto d’amore.
Dire a quella persona vai tranquilla, che qui resto io. Finisci dritta tra le tue paure e le tue domande. C’è una sola cosa che devi ricordarti di fare, nel caso non riuscissi a tornare più. Nel caso fosse tutto sfocato per poter distinguere un albero o una casa o un punto di riferimento qualsiasi. Ricorda di tenere ben aperte le orecchie. Io sarò qui a fare più casino che posso, proverò ad urlare più della tempesta e tu potrai ritrovare l’orientamento quando lo vorrai.
Mi allontanai dalla tv con gli occhi lucidi. Non era solo una cosa davvero intelligente, ma davvero piena d’amore. E adesso l’ho pure scritta qui, nel caso la mente dovesse tradirmi, so almeno dove cercarla. Dovessi mai perdermi..
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