Quel che per una lacrima è soltanto coraggio

Fintanto che si trova alla fine della rima inferiore dell’occhio, come se ne fosse un’appendice fatta d’acqua, senza una vera forma, semplicemente incastrata tra le pieghe d’espressione del viso, è al sicuro. Si affaccia appena sullo zigomo tenendosi aggrappata con tutta se stessa a dei piccoli solchi nella pelle, accomodandosi in essi e nascondendosi all’ombra del ventaglio di ciglia che la sovrasta.

Guarda giù dal suo nascondiglio. Si ritira e poi si sporge di nuovo, questa volta però un po’ in meno. C’è una sommità e oltre quella non si riesce a vedere cosa c’è.

Pensa.

Cosa accadrebbe se scivolasse per sbaglio? Cosa c’è lì fuori? E se per caso un gioco di luci le facesse uno scherzo attraversandola, proprio mentre si lascia cadere giù, prendendo velocità per superare quel punto altissimo e se lei brillasse suo malgrado rivelandosi per qualche frazione di secondo e se qualcuno attratto da quel luccichio improvviso si voltasse per guardarla? Cristo! Come potrebbe spiegarsi? Non avrebbe scuse, nessun alibi, era lì, è passata ed è stata vista, certo che sì, non c’erano ombre a nasconderla, nessuno che la raccogliesse senza essere a sua volta scoperto!

Sarebbe sola. Nuda e trasparente. La forma data dall’aria che le fa resistenza mentre corre verso il basso sulla pelle. Chiunque, come quella stupida luce, potrebbe passarla da punto a punto con lo sguardo e lei non avrebbe alcun modo per difendersi. La libertà le costerebbe un tratto da percorrere senza veli, sotto ai riflettori, senza ombre che la proteggano. Non può essere se stessa senza esporsi e rischiare di essere riconosciuta e additata da sguardi annebbiati da accenni di stupore.

Perché?

Loro direbbero insicurezza.

Quel che per una lacrima invece è soltanto coraggio.

 

 

*… Cuore Rosso …*

 Preferiva farsi chiamare “Ferrari” e basta, come faceva il suo barbiere ogni mattina. E teneva al riparo la sua anima dietro gli occhiali scuri. Che si poteva dire di sicuro ne possedesse una un motore, più che un essere umano. E si poteva parlar male di lui ma non delle sue auto. Quelle che sono state tutta la sua vita. Quelle a cui ha dato una vita e che continuano a brillare di luce propria e che pronunciano il suo nome ogni volta che si mettono in moto.
E’ il suo nome quello nascosto in ogni lacrima di gioia o di tristezza mentre ti mordi le mani davanti alla tv, o chissà magari un giorno in piedi sugli spalti di un circuito. E in quel nome c’è umanità e dolore, quello grande e insopportabile di chi sa amare senza ritegno un figlio come un grande pilota o come sua madre, l’Alfa Romeo, che sentiva di aver pesantemente tradito con la sua prima vittoria con una Ferrari.
E quando una sua auto ti sfreccia vicino in autostrada o chissà dove e quel nome ti salta inevitabilmente nella testa tutta quell’energia e quella potenza e quell’umanità e quel dolore e quella tristezza e quella gioia ti esplodono dentro non puoi che trattenere a stento l’euforia e sorridere. Perchè il tuo è un piccolo cuore che si è appena riacceso illuminandosi di una passione come quella che tanti altri custodiscono nei propri sparsi per il mondo.

Ferrari se ne andò 25 anni fa in silenzio, come lui aveva voluto e oggi lo ricordo con una delle sue citazioni, quella che amo più di tutte perchè sprona a fare sempre meglio e a criticarsi, di credere sempre in qualcosa di più bello e importante. E andare avanti, sempre.

“Spesso mi chiedono quale sia stata la vittoria più importante di un’autovettura della mia fabbrica e io rispondo sempre così: la vittoria più importante sarà la prossima.

[Enzo Ferrari]