Ero arrabbiata. Con tutti o con nessuno, per una sciocchezza o per un problema grosso. Non capivo, sapevo solo che ad intervalli regolari compariva qualcosa nella mia giornata che mi faceva andare in bestia. Tra cui un caffè alla nocciola venuto schifosamente male. Allora esaminavo tutto ciò che era accaduto e cercavo il motivo per cui quella cosa mi aveva innervosito. Lo trovavo, ma non appena ne parlavo con qualcuno, poi, bah, non era così importante alla fine, era una questione di punti di vista, di modi di vedere la vita e le cose che per ogni persona sono più importanti in essa. -Bene- pensavo -ho risolto, in fondo chi se ne frega, io non avrei agito così, non me l’aspettavo, forse avrei fatto lo stesso o forse no, ma forse ci sono anche altre cose che non ho considerato e probabilmente proprio queste cose rendono così giusto per una persona alcuni modi di fare. In fondo ognuno deve agire secondo il proprio più alto senso di ciò che è giusto, quindi va bene per lei, non vedo perchè dovrebbe turbarmi.- Intanto però, ero ancora arrabbiata.
Ad un certo punto, quando man mano riesci a liberarti di tutti questi ‘apparenti motivi’, uno dopo l’altro, o uno insieme all’altro, insomma, pian piano scorgi qualcosa, in mezzo a tutta quella confusione, si perchè è proprio quello che sembra, una gran confusione, un mattone dopo l’altro, riconosci quel muro, e centimetro dopo centimetro, la tua gabbia. E’ lì dentro che continui a sbattere la testa, senza accorgertene, ma la prima domanda che ti fai è: ‘Da dove diavolo è spuntata fuori? Non è possibile, l’altroieri qui c’era un giardino, meraviglioso, pieno di fiori ovunque, il sole accarezzava i petali con delle splendide promesse di vita e felicità, l’aria era trasparente…’ e avresti scommesso tutto quello che avevi che quel giardino fosse la cosa più vera bella e certa che potesse esistere intorno a te.
E poi spunta fuori una parola, “aspettare”…… Ti ronza nella testa, quella piccola bastarda, si nascondeva tra i fiori pur di non farsi vedere, al suo solo pensiero, cavolo, andavo in bestia. Il giardino è lì certo, ma c’è da aspettare, ti sei sempre detta che era lì meraviglioso, ma nel frattempo però stavi anche costruendo una muratura in mattoni che ti costringeva a guardarlo, da lontano, senza poterci entrare. -Ma tu guarda che idiozia!- pensi, ad un tratto, la rabbia pian piano svanisce, -Tu piccolo giardino sei lì dentro felice, perfetto, allegro, mantieni un perfetto equilibrio, non solo con quel che già hai ma addirittura ti ingrandisci, porti dentro di te novità (novità niente male direi, a giudicare dagli occhi, dal modo di parlare, vabè non divaghiamo…), ti vanti della tua perfezione e poi mi lasci qui fuori a guardarti? E a cosa servi scusa? E poi chi l’ha deciso che devo aspettare? Forse il momento in cui questa parola è uscita fuori è stato lo stesso in cui mi sono resa conto che per altri non ha per niente senso. Non che io renda vero per me ciò che lo è per gli altri, però in fondo, delle cose ti lasciano un po’ senza parole e resti a riflettere. Cominci a pensare se ha senso per te. E in tutta sincerità no, non ce l’ha. Non serve a niente avere una cosa bella lì e restarne fuori, seppur felice del fatto che esista e sia vera. Eri felice, ma non stavi vivendo la felicità. Sono due cose diverse. Sei felice perchè esiste il giardino, ma non perchè fa parte già della tua vita, non perchè ti rende felice adesso, o perchè ti mette in condizioni di esser pronta, al momento giusto di godere delle cose che conserva. Non è detto che accadrà domani, o dopodomani, ma non è vero nemmeno che per chissà quale imposizione ci sia per forza da aspettare! La rabbia è un sentimento fastidiosissimo, però ho imparato che si può sfruttarlo a proprio vantaggio. Serve a scovare i nostri limiti, le limitazioni che per chissà quale ragione abbiamo scelto per noi stessi, magari nemmeno consciamente, che però sono lì e ci impediscono di essere felici. Non voglio dimenticare questa lezione, perchè non si trattava altro che di una trappola, ben nascosta, ma subdola e feroce, che non oso immaginare dove avrebbe portato. Poi magari con parole più semplici, direi che in fondo ho riscoperto la gioia del carpe diem. Wow ma che genio! Che grandiosa scoperta! Mi sono chiesta cos’era che stessi spacciando per carpe diem, piuttosto di usare quello originale! Mi domandavo -E il tuo ottimismo, il tuo bicchiere mezzo pieno, le tue suggestioni positive che fine hanno fatto? Non ti vantavi del fatto che ci stavi riuscendo a far di loro la tua vita?-. Certo che si, però diciamo che riguardo certe cose il bicchiere mezzo pieno poi lo svuotavo in una fontana, bella e imponente nel bel mezzo del giardino! Voglio essere felice perchè i suoi occhi sono belli, e non arrabbiata perchè non so quando riuscirò a rivederli, anche se so che la strada è quella giusta.
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