Ne sono fermamente convinta. Le aziende che producono tonno in scatola mi fregano sempre.
Insomma io arrivo lì, allo scaffale del tonno, alla fine di una lotta che è stata già estenuante tra prezzi, offerte speciali, offerte normali, offerte se hai la carta punti, offerte se fai tre salti e una giravolta su un piede solo e devo scegliere quale marca conviene di più. Una roba da pazzi. A partire dalle quantità: vai a capire se il formato 60 grammi per tre conviene di più del 50 grammi per quattro, o se forse il 100 grammi per due al netto dell’olio contiene più prodotto di tutti gli altri messi insieme, sempre che non sia con poco olio, che i conti cambiano. Quello al naturale lo scarto subito perché contiene più sale, quello in vetro sembra così bello che è un peccato lanciarlo tra riso e pomodorini, è più da cena gourmet. E poi c’è il colore delle pinne del tonno, il metodo di pesca, quello inscatolato a bordo, il tonno che non aspetta e quello morbido come un cuscino. Alla fine il tempo stringe, abbandono i calcoli e metto nel carrello quello che a naso mi sta più simpatico.
Ci sono cose per le quali mi perdo in calcoli e teorie pur di ottimizzare, ottenere il meglio possibile con le risorse disponibili, portare a casa la soddisfazione di aver fatto bene, per me. Non sono mai corsa dietro al bene assoluto. Ho sempre pensato che fosse soggettivo. Perfino quando mi sono diplomata con il massimo possibile oppure ho preso trenta ad un esame.
Poi ci sono cose che non ho mai capito.
Non ho mai capito, ad esempio, come si sceglie bene la persona da frequentare. Non ho mai scelto quello che faceva più comodo a me, anzi. I benefici mi sono sempre costati parecchio. Non ho mai saputo dire di cosa avevo bisogno, non ho mai detto io sono qui e se mi vuoi vieni tu. Ho assunto forme diverse per stare bene sullo scaffale di chi mi guardava in quel momento, perché è l’unico modo che ho imparato per ricevere amore e ho sempre pensato che dovessi imparare io dagli altri cosa “è meglio”. Poi arrivo al punto che mi guardo da fuori e non capisco cosa sto facendo. Resto a fissarmi finché le sensazioni non prendono il sopravvento, finché la curiosità non riprende a guidarmi e torno a perdermi tra le strade della mia vita, i profumi, le sensazioni, i paesaggi che osservo come se fossi una turista allegra, ma dentro triste, perché poi all’improvviso il tempo stringe, e devo tornare a casa.