. . . Eravamo davanti al pc, guardando delle immagini tra le prime che creavo da sola, ridevamo e lo sentivo ad ogni risata sempre più vicino, finchè non mi prese per abbracciarmi, facendosi abbracciare, ritrovandomi ad un tratto a guardare oltre la sua spalla e ad accarezzare i suoi capelli, mentre mi stringeva senza lasciarmi andare. Nella mia testa dicevo -come se potesse sentirmi- “Ma, ma … dovevamo finire di veder..” -“Sssht” era l’unica risposta che riuscivo a percepire. La sensazione delle sue braccia intorno a me era forte e avvolgente ed era l’unica cosa che contava, che esisteva, che aveva senso, l’unica cosa che non mi abbandonò più per tutto il giorno.
Ciò che continuai a domandarmi, poi, era chi potesse mai essere. Nel senso, un’apparenza fisica l’aveva, al tatto era percepibile, ma non sapevo in rappresentanza di chi quelle “suggestioni” erano venute alla mia mente. L’unica cosa di cui ero certa è che quel giorno vissi senza essere per niente sicura di aver posto un confine tra sogno e realtà. Sempre che si possa fare tale distinzione, perchè quando ti capitano cose del genere ciò che vivi e ciò che provi non appartiene all’una o all’altra dimensione, è un tutt’uno, un qualcosa che continua, che si fonde, che ti manda in confusione, perchè l’unica cosa di cui sei certa è che ci sei, sia qui che lì, sei sempre tu protagonista di ciò che accade, indipendentemente dal fatto che sia bizzarro o incredibile o strano o assolutamente normale… In ogni caso sapevo che comunque tutto ciò che vedevo non era altro che una rappresentazione di un qualcosa che avevo dentro, ma che non capivo, qualcosa che perlomeno sottoforma di immagini avrei dovuto comprendere, per l’immediatezza del modo in cui, il mio incoscio, cercava di comunicarmelo, attraverso delle suggestioni… Ma le apparenze sono pur sempre quello che sono, semplici rapprensentazioni, una maniera veloce e pratica per fare in modo che un’idea o un sentimento si insinui nella tua testa, ma poi il bello è intuire come tutto ciò c’entri qualcosa con la tua vita, con quello che pensi, che fai, che credi… Con quello che credi…
“Ci sono due errori che si possono commettere lungo la strada della verità: non percorrere tutta la strada, e non intraprenderla per niente”
Eh si, perchè è sempre lì che si va a finire, a ciò che credi, ciò che è vero per te, ciò che ritieni sia la tua filosofia di vita, che a volte ti sembra il più bel sentiero battuto e illuminato e decorato addobbato lineare che tu sia mai riuscito ad immaginare, e a volte invece ti sembra un dannatissimo labirinto in cui ti rinchiudi, in cui ti perdi girando in tondo, in cui ci sono talmente tanti bivi che ti meravigli come tu sia riuscito a crearli tutti da sola! All’inizio nemmeno te ne accorgi, però poi quando è già la quarta volta che incontri lo stesso albero ti rendi conto che in effetti c’è qualcosa che non va… Ti sei bloccato, c’è qualcosa di sbagliato, diavolo, nonostante fossi certa, sicura di aver preso la strada giusta… “Ma cosa posso aver mai sbagliato?” ti chiedi. “Era tutto a prova di bomba, collaudato, provato e riprovato, eppure non era proprio qui che dovevo arrivare, non dovevano sorgere tutti questi dubbi, ripensamenti, pensieri idioti ma più di tutto, al di sopra di ogni cosa, quella terribile voglia di mandare tutti e tutto a quel paese e fregarsene per una buona volta di tutte queste idiozie sull’amore, la vita e la felicità!!!”.
“Quando hai finito di sclerare me lo dici, che ne parliamo”– così mi sembra che disse, quella vocina nella testa, che sono certa proveniva dallo stesso posto da cui era arrivato quella specie di rebus ad immagini.
“Te la faccio breve perchè sarebbe ora di prender sonno, per una volta, prima che domattina ti svegli di nuovo con gli occhi gonfi e tutte quelle idiozie per la testa”– “Magari…”- pensai.
“Ma quale sentiero? Ma quali addobbi? Eppure credevo ci fossi già arrivata, con quel bel discorso sui giardini e blablabla. Tu non hai costruito un sentiero, o meglio, lo era, finchè non hai avuto la brillante idea di erigere un bel totem, ad una distanza da te che ritieni abbastanza lontana per non trovartici di fronte dopodomani e abbastanza vicina per poterlo però raggiungere un giorno… Un bel monumento da guardare da lontano, a cui volgere lo sguardo ogni qualvolta ti sentivi persa, un punto di riferimento, che ogni passo o due contemplavi, senza guardare più dove stavi mettendo i piedi, senza curarti più del sentiero ma solo di quello strano manufatto bello, alto e imponente… Mi meraviglio di come non sei finita a sbattere da qualche parte, tanto ti ci eri concentrata su! E’ ovvio che tu debba porti un obiettivo, o che tu abbia un punto di riferimento… Ma non è prendendoti delle fissazioni che riuscirai ad andare avanti! Piuttosto, è facendo un passo alla volta, mettendo un piede davanti l’altro che percorri la tua strada e la tua unica, sola sicurezza del fatto che tu stia prendendo la direzione giusta è che tu credi in ogni passo, credi che il terreno sotto ai tuoi piedi è stabile e che il tuo più alto senso di ciò che è giusto ti stia guidando, in ogni istante! Solo e soltanto quello. Nessun totem. Nessuna torre o statua o cose del genere che stia lì in quel momento a ricordarti cos’è che ritieni giusto o no.
Quindi, caro genio, tutto ciò che quel sogno voleva mostrarti era questo. Si, modestamente avevo creato un’atmosfera niente male, è riuscita ad ammaliarti, ma è questo che volevo ricordarti, di credere nel tuo cuore e in ciò che provi, perchè così facendo non sbaglierai mai; non pensare di poter decidere tutto il percorso da fare in una sola volta, sistemando una bella bandierina di arrivo tanto per ricordarti di non sbagliare strada, ma sii consapevole, piuttosto, di ogni centimetro che fai”. Era di questo che dovevo rendermi conto.
Ancora però, c’era da chiarire la questione della persona misteriosa… -“Aspetta! Prima di inventarne un’altra! Lasciami spiegar..”- “Perdonami, ma penso che ormai ci sono arrivata… ora provo io”- e ovviamente neanche quella notte riuscii a chiudere occhio, ma almeno il mattino dopo tutto sembrò illuminato da una luce diversa. Ormai la mente andava a mille, e mi ricordai di una cosa letta a proposito della legge dell’attrazione. Forse mi aveva colpito in maniera particolare, non lo so, ma fatto sta che quel sogno alla fine era lì che voleva andare a parare. Non era una sorta di “Indovina Chi”. Non era riguardo alla persona che dovevo spendere le mie energie. Si perchè altrimenti avrei rischiato solo di costruire totem, tanti totem, sparsi qua e là a piacere, gironzolando tra l’uno e l’altro senza una meta effettiva, ripetendo nella mente quel nome o l’altro, o tanti altri… Senza arrivare mai da nessuna parte. Quella sensazione, invece, è unica. E’ la sola che vorresti provare, fortemente, che è lì grazie ad un’altra persona, si, ma che si ricongiunge perfettamente con tutto quello che hai già dentro, come se fosse qualcosa che avevi perso e che torna al suo posto, che percepisci dall’esterno ma che in realtà è già parte di te, da sempre. E’ su ciò che si prova che bisogna focalizzarsi. Io l’avevo dimenticato. Soltanto così è possibile trovare sul proprio sentiero tutto ciò che si sta cercando, ciò che è giusto, ciò che magari nemmeno riuscivamo ad immaginare, ma che poi troviamo davanti a noi, mentre era già lì ad aspettarci.
If your heart is in your dream, no request is too extreme. When you wish upon a star, as dreamers do.
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