
L’inconscio è capace di fare davvero brutti scherzi.
In realtà di un fatto del genere dovrei essere contenta perché significa che il mio lavoro per riconnettermi con quella parte di me che avevo perso per strada sta funzionando. A volte però la cosa risulta anche inquietante.
E’ successo che l’altra notte in uno dei miei sogni dalle trame piuttosto fantasiose e surreali mi ritrovo sul ciglio di una strada e all’improvviso passa un piccolo autobus a velocità nemmeno troppo bassa, però con un trucco cinematografico degno di un thriller la mia visuale fa uno zoom al rallentatore e vedo, nome di fantasia, Titina. Titina era la mia migliore amica durante i primi anni di liceo, amicizia rovinata da sua madre che vide in me un pericolo ai suoi piani di fare di lei una candidata a qualche premio Nobel. A quei tempi non riuscii a reagire adeguatamente alla cosa, non la presi da parte per chiederle se in quella testa geniale avesse anche qualche briciola di personalità o un pensiero che fosse davvero suo, la vidi semplicemente andarsene pian piano e finire vicino a chi poi l’ha usata davvero.
Ieri sera ho rivisto un’amica per la prima volta dopo il lockdown. Mi dice, così di punto in bianco, che ha sentito il papà di Titina. Premetto che non stavamo parlando dell’argomento e forse non ne abbiamo mai parlato, io stessa non ci tornavo su da anni. Il papà le riferisce che Titina è in Svizzera, dove ho sempre immaginato che sarebbe finita.
Adesso, a trent’anni, posso figurarmi nella mente un dolore sordo. Sommesso, silenzioso, ma costante come il lavoro delle gocce d’acqua che scavano una roccia. Uno pensa che va bene così, che tenerlo per le redini significa gestirlo e controllarlo, ma in realtà ne sta soltanto trattenendo la forza che si sprigiona lo stesso ma più lentamente.
Allora in un periodo di riflessione l’Universo in qualche modo ti aiuta a ritrovare i pezzi, ma forse in questo caso i semi di qualcosa che poi è cresciuto nell’anima, lentamente ma tanto da diventare ingombrante e quindi invisibile se non per quelle volte in cui ti capita di provare la sensazione di essere una specie di impostore, di non essere abbastanza capace, di aver raggiunto degli obiettivi ma grazie alla fortuna o alle circostanze, di non meritarli davvero e che i prossimi sono condizionati da questo, dalla fortuna o dalle circostanze che con il passare degli anni sembrano pure abbandonarti.
Tolta l’ombra di piante indesiderate è tempo che racconti alle mie paure la vera storia di me stessa.