* … E Questa Sera Si E’ Alzato Il Vento …*

Il cuore batte forte, chissà che gli è preso stasera, ecco, all’improvviso, chissà che motivo ha di agitarsi tanto, proprio ora, così, senza che sia successo nulla di particolare. Volevo scrivere, si, ma avevo in mente tutt’altro. E invece quel battito fuori dall’ordinario suggerisce tutt’altre parole, magari a sapere il perchè, a sapere dove vuole andare a parare. Una strana agitazione, una specie d’ansia che, butti uno sguardo in giro, soltanto tu percepisci. E grazie, come potrebbe essere altrimenti, per fortuna. Prima di iniziare ho pure cliccato sul corsivo, anche se di solito scrivo dritto e uso il corsivo per altre cose. In questo momento ho anch’io la testa inclinata a destra e forse è per questo che ho inclinato pure le parole, così sembra che siano dritte lo stesso.

In fondo hai imparato che all’occorrenza il sistema di riferimento può essere cambiato, se ti serve per dimostrare una tesi o semplificare delle ipotesi, però lo dici prima, che vale solo in quel sistema di riferimento. Non ti illudi, non hai trovato una soluzione che va bene per qualsiasi caso, ma ti insegnano anche che è una giusta approssimazione del caso reale, che presenta così tante variabili che a tenerle tutte in conto si perde la testa, tanto poi l’influenza di quelle che non prendi in considerazione non è poi così significativa, e anche quel “significativa” lo stai a stabilire tu, in base al rischio che pensi di accettare. Per esempio una casa la tiri su sapendo di accettare una probabilità di “failure” pari ad un certo valore stabilito dalla legge. Quindi con la possibilità, remota, estremamente remota, che possa cascare giù o che non serva più per ciò per cui è stata progettata. Perde di funzionalità. I materiali non sono perfetti.

Perfezione… Lanci uno sguardo alla tv, si stanno ammazzando a trovare una spiegazione del perchè si ricorre alla chirurgia estetica. Pare siano tutti d’accordo che sia necessaria per problemi gravi, amen. Poi s’azzuffano ad analizzare tutti gli altri motivi. Uno di quei programmi in cui vanno sprecate tante parole soltanto per fare spettacolo e mostrare qualche seno nudo complice l’ora tarda. Basterebbe che si alzasse qualcuno a dire “E’ tutta una questione di gusti, di come ci si vuole vedere, dell’idea che ci si è fatti di sè, del proprio punto di vista, il proprio riferimento”. Che poi anche lì c’è il rischio, come per la casa, vabbè. Potrebbero anche alzarsi tutti da quelle poltroncine e andare a fare qualcosa di più utile. Stanno a dire che la bellezza vera dovrebbe essere quella naturale, senza troppe pretese, ogni donna ha la propria e hanno la capacità allo stesso tempo di celebrare gli stereotipi. Su quelli si che si va sempre sul sicuro. Come per il film che hanno mandato in onda prima, uno di quelli che ti sei sempre rifiutata di vedere, nemmeno fosse un horror, soltanto perchè ti stanno sulle scatole tutti quei luoghi comuni che sono nati sugli esami di maturità. Canzoni, film, libri. Odio quando qualcuno si mette sul piedistallo con la pretesa di aver capito cos’è che si prova in determinate situazioni e giù a scrivere sceneggiature tali che più cazzate fanno fare ai protagonisti, più soldi fanno ai botteghini. Come se tutti i ragazzi d’Italia avessero provato le stesse cose la notte prima dell’inizio degli esami. Tu non ti ci ritrovi e t’arrabbi. Però resti a guardarlo, perchè c’è Panariello che ti fa sempre ridere.

E’ sempre una questione di riferimenti allora. Guardi le cose da un altro punto di vista e cambiano. In realtà le cose cambiano proprio nell’atto di osservarle, ma questo lo sa bene quel povero gatto nella scatola. Non si sa se è vivo o morto finchè qualcuno non si da’ pena per andare a vedere che fine ha fatto. Chissà se qualcuno mai si è chiesto cosa pensa il gatto. E si, ogni tanto ti fai anche delle domande un po’ assurde. Lui non può vedere cosa succede là fuori. Credo che sappia almeno che qualcuno c’è e sa che lui sta lì. Soltanto questo sa. L’ha capito. I gatti sono furbi. Qualsiasi cosa stiano facendo, lui è lì tranquillo che pensa ai fatti suoi. Tutt’al più si chiede perchè proprio un micio. Potevano metterci pure un pappagallo, che ne so. Quella strana smorfia sotto ai baffi, però, forse è un sorriso. Non lo ammetterebbe mai, no, ma sotto sotto gli fa piacere, anche se è tutto un gioco, una creazione della mente, che stabilisce un limite e poi ci torna, ogni tanto, a spostarlo un po’ più in là. Sposti i confini, cambi i riferimenti, tutto per trovare sempre un nuovo equilibrio, mentre nel frattempo lì ci sei sempre tu.

“Tutto cambia, per non cambiare nulla.”

piena soddisfazione

E’ da più di un anno che hai questa frase tra le bozze. E’ del prof. Eppes della serie tv Numb3rs. E’ spuntata fuori proprio adesso. Qualche volta ti capita di conservare un pezzo di un puzzle e che tutto il resto dell’immagine ti si materializzi quando meno te l’aspetti. Una sera che il cuore ti batte forte. Una sera che troppe emozioni vengono tutte insieme a trovarti. Lo spazio non è piccolo, ma loro sono davvero tante. Sei troppo stanca per dare un nome a tutte però. Nella confusione se ne è intrufolata qualcuna non gradita, quelle che di solito lasci fuori alla porta perchè non ti piace immaginarti insieme a loro. Ciò che non ti piace lo chiudi fuori, di solito. Ti rendi conto che qualche anno fa eri molto più fiscale, adesso invece, un po’ più malleabile. Uno spiraglio lo lasci aperto perchè da un lato la curiosità in te è sempre più forte di ogni altra cosa (cavolo, la curiosità uccise il gatto… di nuovo lui, povero, ma mi chiedo se quella del gatto o dei tizi fuori) e dall’altro ti piace pensare che sai gestire questioni che prima depennavi, stracciavi, mandavi fuori dai piedi all’istante. Stai pensando a come sono nati questi cambiamenti, qualche volta tra una lacrima e una voglia matta di abbracciare qualcuno. Peccato che non c’era “qualcuno” che lo sapesse. Se tu non lo dici a “qualcuno”, come fa poi a saperlo, eh. Magari con la testa un po’ inclinata. Cambia il riferimento, e tutto viene da sè. Come le parole in corsivo, vengono fuori da sole, vedi? Che da dritte nemmeno sotto tortura lo farebbero.

Apri l’ultima scheda del browser, per questa sera. Tutta questa storia ti ha ricordato di qualche nozione di grafologia di cui hai sentito parlare da qualche parte. E trovi questo:

“La scrittura dritta o leggermente inclinata mantiene il centro di gravità dentro se stessa, vale a dire l’individuo pone le basi del suo rapporto con il mondo all’interno dell’Io, vive la sua realtà interiore individuale come origine della sua costruzione della realtà e a partire da questa si relaziona con il mondo esteriore.
Quando aumenta progressivamente la spinta a destra, il centro di gravità si sposta dall’interno all’esterno: ora l’individuo non riesce più a percepirsi in modo autonomo e sufficiente a se stesso, ma necessita di un rapporto di relazione per stare in piedi.”

Per stare in piedi adesso ti ci vorrebbe più una dormita, magari. E’ tardi, quella gente si è pure alzata dalle poltroncine, e te stai friggendo sotto al calore del pc. Ci penserai domattina. Qualcosa ti dice, però, che a parte un crampo nel collo e un enorme sproloquio nelle bozze ben poco ti rimarrà di questa sera. E’ ovvio, certe emozioni ti travolgono, come un’onda spinta da un vento un po’ più forte del normale. E ci credo, soltanto un surfista starebbe in equilibrio su un’onda e io non lo sono. Poi l’onda si ritira e ti lascia sulla pelle solo l’odore del mare. Solo. Alla faccia. Tra un’onda e l’altra è quell’odore che ti accompagna sempre, pure se non ci fai troppo caso, a volte. Ma appena si alza il vento, si fa sentire eccome.

E fuori, infatti, c’è un bel temporale.

* . . . Come Sei Veramente . . . *

A me non è stato perdonato di essere un sognatore perchè ho fatto un sogno irreverente troppo grande: ho sognato che la musica classica dovesse essere aggiornata, e pur mantenendo le stesse forme, dovesse tornare a parlare per raccontare il presente.
Per inseguire questo sogno ho studiato tutta la vita e mi sono imbarcato nella composizione con una passione da non dormirci la notte. Quando quella musica era pronta e l’ho eseguita, ero emozionato e curioso di sapere cosa ne pensassero.

E sapete cosa mi hanno detto?

“Come ti sei permesso di metterti al livello degli dei? Non puoi neanche dire di essere un compositore…”.

Ma io ho dovuto farlo, ho dovuto inseguire il mio sogno. Allora ho dovuto volare alto e sfidare quegli dei e poco importa che mi sia bruciato le ali come Icaro.

Insomma è stata dura, attaccato, ridicolizzato dai miei stessi colleghi; ho avuto due anni di depressione. Certo, avrei potuto sparare a zero su tutti alimentando così il circolo di negatività, ma non è la mia indole e sono caduto nel buio della mia fragilità. Ma dentro quel buio, dopo due anni ho elaborato la mia reazione inconscia. Ho composto un concerto per violino e orchestra che penso sia molto più eloquente di mille parole messe insieme.

Se le cose stanno così, allora noi dobbiamo amarlo quel buio, dobbiamo amarla la nostra fragilità, perchè è nel buio della crisi che scocca la scintilla del cambiamento e la nostra fragilità potrebbe trasformarsi nella nostra forza.
In altre parole dobbiamo accettare noi stessi con tutti i nostri difetti, le nostre imperfezioni, ma anche i nostri slanci verso i sogni impossibili. E solo se riusciremo ad essere totalmente noi stessi e non ciò che gli altri hanno deciso e si aspettano da noi, la nostra vita sarà un’opera d’arte!

[Giovanni Allevi]

Questo è il discorso che Giovanni Allevi ha fatto all’apertura della scorsa puntata di Amici. Visto che non lo seguo, appena ho saputo della sua partecipazione ho cercato un po’ e ho trovato il video della puntata. Ho fatto caso alle facce di alcuni che lo stavano ascoltando. Stupite dalla sua gestualità confusa e spontanea, quasi imbarazzate da quelle parole che sembrano banali e ingenue e da quella personalità così fuori dall’ordinario, che chi è magari abituato ad apprezzare invece self-control, falsità e look impeccabili spesso pensa questo non ci sta con la testa. Sempre che non pensino invece che è tutto un personaggio montato, falso e che lava il cervello delle persone e in particolare dei giovani (intesi come povere vittime attirate loro malgrado verso forme impure di musica classica) con melodie che pretendono chissà quale importanza, mentre invece non si tratta altro che di musica da quattro soldi. La superficialità e l’ignoranza uccidono questo mondo, altrochè. Per non parlare della petizione che stavano facendo girare nei conservatori italiani contro di lui. Quasi fosse la peste in persona o stesse rubando la sedia da sotto al sedere di quell’Ughi che ha avuto parole per lui che un altro po’ nemmeno un terrorista se le è mai sentite dire. Lui poi gliel’ha messo a quel servizio, perchè ha composto uno straordinario concerto per violino e orchestra.

Una musica può piacere o no, come anche una persona e i suoi modi di fare, è ovvio. E’ anche vero però che nessuno costringe nessuno ad averci a che fare. Le critiche gratuite in stile gente annoiata nelle sale d’aspetto mi danno un fastidio tremendo. Se a me una cosa non piace non spreco le mie energie a parlarne male, soprattutto se non so di cosa parlo. In certe cose c’entrano le emozioni, i sentimenti, energie che senti sulla pelle.

Nel 2009 riuscii ad andare ad un suo concerto di piano-solo, organizzato dal teatro San Carlo, con prezzi dei biglietti ridotti di almeno un terzo rispetto al solito. Piazza del Plebiscito non poteva essere più bella, e la fresca aria estiva contribuì a rendere indimenticabile quella serata. Arrivai quasi due ore prima dell’inizio del concerto, con i miei genitori, approfittandone per una passeggiata. La piazza era quasi vuota ed eravamo fermi a notare il palco e gli ultimi ritocchi agli allestimenti, quando mi girai e vidi da lontano una testa riccia, nera, che si avvicinava. Un’allucinazione, pensai. I miei genitori erano ancora di spalle e non se ne erano accorti. Io guardavo lui e guardavo loro, con occhi sgranati, girando la testa di continuo gesticolando in maniera scoordinata, incapace di proferire parola. Dovevano essersi bloccate tutte da qualche parte nella gola. Non poteva essere vero. I metri di distanza tra me e lui seguito da un paio di cameramen e fotografi diminuivano più in fretta di quanto sperassi. Fossi stata lì un minuto prima o dopo non sarebbe mai accaduto. Finalmente dopo qualche istante che mi è sembrato eterno i miei l’hanno visto. Lui ci vide. Ormai era sulla nostra traiettoria e nn ci volle molto fiato in gola per chiamarlo ed avvicinarci a lui. Emozionato ed incredulo, esattamente come me e non si capiva bene chi ringraziava chi. Nella foto quasi mi abbraccia e sorride sincero, felice. Gli piacqua tantissimo il mio ciondolo raffigurante un drago. Da vicino le persone le senti davvero. La senti la vibrazione di un corpo emozionato, la semplicità negli occhi che ti guardano e in quelle Converse di parecchi numeri più grandi delle tue.
Sentirlo suonare dal vivo fu un qualcosa di indescrivibile. La sua musica creava un’armonia nella quale erano racchiusi tutti i nostri cuori. Compreso il suo. Da un lato l’energia sprigionata dalle sue mani, dall’altro, quella delle anime che lo ascoltavano che culminava negli applausi finali, ad ogni brano (e a tutti i biis…!) che lui abbracciava, simbolicamente, quasi ad accoglierli dentro di sè, per non dimenticarli più.

Un anno dopo venne alla Fnac a presentare un nuovo album. Decine e decine di persone incastrate tra gli scaffali del negozio ad aspettare di incontrarlo. Lui disse che voleva salutare tutti. Tutti. 3 ore di fila….Abbastanza tranquilla però, perchè di lì non sarebbe scappato. Scherzò con mio fratello, sul loro comune bellissimo nome (si sta ancora chiedendo com’è che lo trascinai a quel tour de force visto che lui non lo ascolta), poi baci, autografi, foto… Si dedicò ai suoi fans.
Ecco perchè non mi sono meravigliata alla sua reazione di fronte agli applausi del pubblico in tv. Lui è davvero fatto così. Non finge, non gioca. E’ tutto vero.

Quando sono immersa nei voli pindarici nella mia testa immagino che se davvero viaggiando alla velocità della luce non saremmo altro che energia sottoforma di onde, ognuno di noi potrebbe riconoscersi in un brano musicale, che sta lì, sulla stessa lunghezza d’onda, viaggiando di fianco a noi. Visto però che esistiamo sottoforma di carne, ossa e milioni di bit la musica viaggia, si, come onde sonore e noi stiamo fermi lì ad ascoltare, lasciando che racconti anche qualcosa di noi.
Siamo fermi, già,  ma potrebbe andar bene anche chiudere gli occhi di tanto in tanto, per volare via con lei….