Play.

picture by Charlotte Harcus

Ho messo le cuffie, ma non ho premuto play. Non voglio sentire altre parole. Ho già un casino di spezzoni di canzoni nella testa, che inizia a farmi male. Volevo sentirne alcune, ma ho pensato m’avrebbero fatta piangere, volevo ripiegare su delle altre, ma mi avrebbero fatta sorridere. E poichè non mi andava nè di piangere, nè di sorridere, è successo questo pasticcio. Si sono scontrate tutte mentre correvano verso la punta del giradischi e si sono rotte. Distrutte.
Non ho premuto play e ho chiuso gli occhi. Volevo provare lo stesso quella sensazione di chiudere il mondo fuori e sparire. Non provare più niente. Niente di niente. 

Accendo il phon e chiudo gli occhi mentre lo avvicino ai capelli bagnati. Quel rumore forte e costante riempie le orecchie e mi avvolge, i pensieri smettono di rincorrersi e vanno liberi ognuno per la propria strada. Ripesco gli auricolari ormai tutti annodati dalle profondità della mia borsa e cerco su Youtube rumore bianco. Mi perdo nelle frequenze d’onda che sembrano riempire l’apparente vuoto dello spazio cosmico e in quelle che emettono alcuni strumenti elettrici. Riempiono il mio silenzio. 

Insomma, da allora mi sono appassionata ai rumori. Quando posso cerco su Youtube video ASMR, che sta per risposta apicale sensoriale autonoma, o più semplicemente è quel formicolio che si sente dietro la schiena o la nuca in risposta a degli stimoli sensoriali, in questo caso dei suoni. Le persone che creano questi video usano qualsiasi oggetto per creare rumori ripetitivi e rassicuranti che inducono al rilassamento e aiutano a dormire. Così dalle mie cuffie sono iniziati ad uscire gorgoglii di acqua, rumori di spruzzi, ticchettii. I miei pensieri ci hanno preso gusto a provare strade nuove che si snodano dritte e parallele come se le onde sonore fossero denti di un pettine invisibile che li attraversa e li ordina. 

A furia di cercare sono arrivata a conoscere gli ambience. Sono dei video in cui viene simulato un vero e proprio contesto, con annessi suoni. Premo Play e mi ritrovo in una biblioteca antica, dove ascoltare il fruscio delle pagine sfogliate, il rumore dei passi delle persone che si aggirano tra gli scaffali e il crepitio proveniente da un camino acceso. In alcuni video viene introdotto anche il picchiettare delle gocce di pioggia sui vetri o i rimbombi di tuoni lontani. Esistono decine e decine di ambience: panetterie, sale da thè, uffici, boschi, luoghi fantastici, focolari domestici. Ognuno è corredato dei suoni tipici di quel tipo di ambiente. Mi affascina tantissimo restare lì in ascolto, ogni rumore è una scoperta, una carezza. Delicato e discreto. Non cerca in qualche modo di suscitarmi emozioni. 

Poi un giorno, poco tempo fa, qualcuno senza pensarci due volte mi mette alle orecchie delle cuffie wireless con una canzone a tutto volume. Il suono inizia ad espandersi in uno spazio dentro di me che non credevo fosse così grande. Sorrido tenendomi con le mani le cuffie strette alla testa.
Girando su me stessa capisco che finalmente è tornata la musica. 

13 pensieri su “Play.

  1. eh. queste sono le classiche situazioni in cui osserverei senza muovermi, cercando di capire perché (cosa ascolti o non ascolti sono “effetti”), in modo distaccato e assolutamente neutrale.

    rileggendo e lasciando che le sensazioni mi arrivino dritte nella pancia prima che intervenga il cervello con la monotonia del pensiero (esclusa la parte in cui parli dei capelli, ché io sono calvo e quindi ti righerei la macchina soltanto per averli nominati) 🙂 direi – ma è un pour parler – ch’io ti conosco mica, dicevo… lasciando scorrere le sensazioni che arrivano, a occhio e croce, direi che te stai cercando nel posto sbagliato, obbligandoti a isolarti dall’esterno per non sentire il rumore che hai dentro. ma è un’impressione e, probabilmente, è pure sbagliato scrivertela sul blog

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    • Sono ben accette anche le impressioni 🙂
      La mia era che il silenzio mi serviva a non peggiorare la confusione che avevo dentro, evitare di suscitare altre emozioni dentro me. Come ho scritto all’inizio non volevo più sentire niente. Però ho cercato un po’ alla volta qualcosa che potesse rilassarmi che non fosse musica.
      Caspita dovevo pensare la versione per coloro che non utilizzano il phon!
      Va bene l’aspirapolvere o usi swiffer? 🙃

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  2. Io personalmente trovo rilassante il rumore del phon. Lo trovo quasi rassicurante, il tepore dell’aria che emette, ed il ronzio che copre gli altri rumori mi piace e mi permette di chiudere gli occhi e pensare ad altro.
    O a pensare a nulla, almeno per 3 minuti.

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  3. le atmosfere dei tuoi brani mi affascinano sempre e questo non fa eccezione, ma qui due cose mi fanno un po’ remare contro. da una parte mi verrebbe voglia di dirti di non accontentarti del suoni surrogati, vai in panetteria a sentire il rumore dei sacchetti di carta che si riempiono di pane, vai in biblioteca ad ascoltare lo scalpiccio dei passi sul pavimento in legno, cammina su un cumulo di foglie a gustare il loro scricchiolio. Dall’altra parte, bè, dall’altra c’è il phon, l’ho sempre visto come una pistola puntata alla tempia, una simbolica minaccia, un’immagine disturbante, ma su questo tu non ci puoi fare assolutamente nulla 🙂
    ml

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    • Caspita due commenti su tre sono contro il phon : ))))
      In realtà anche quando esco mi concentro su rumori. È davvero raro che io cammini per strada con le cuffie nelle orecchie e per un bel pezzo non ho acceso la radio in auto. Quella però mi affascina perché sceglie lei, diciamo, le canzoni…

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