ComeDiari #7: Le Storie Che Nessuno Racconterà Più

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Sai quand’è che una storia non la racconti più?

Penso sia nel momento in cui ti accorgi che ne hai perso l’essenza, il fulcro intorno al quale ruotavano i ricordi e i fatti, rattoppati in qualche punto da scene immaginate e qualche opinione. Allora non ne vale nemmeno più la pena sprecare la fantasia, ce ne vorrebbe tanta, troppa, per combattere i grigiori mattutini di certi cieli che vogliono solo esser lasciati in pace così come sono, nella loro ignavia.

Una storia non si racconta più quando i personaggi si sbiadiscono a tal punto che non sai nemmeno più chi sono, o meglio quel che sai basta giusto a definirne lo scheletro per farli restare in piedi. Ti accorgi che l’indifferenza ha divorato la voglia di scoprire e il tempo ha assegnato loro, d’ufficio, un modo d’essere pur di liberare la scrivania da scartoffie impolverate. Sono rimasti nello scatolo frammenti dei loro pensieri che a fatica riesci a rimettere insieme. Del cuore ricordi il battito ma ti manca il petto su cui poggiare l’orecchio ancora una volta. Non c’è più il maglione, non c’è più la pelle e il suono è solo quello registrato dalla tua mente. Nemmeno io sono più la stessa e sto cercando di ricordare com’ero mentre dovrei invece impegnarmi a capire chi sono. Io che mi ritrovo a raccontare storie più grandi di me e poi mi ci perdo dentro. Ho smarrito i desideri lì dove i confini del raggiungibile sono sottili e si possono ancora modellare. Che sia un fine o una necessità non lo so più, ma li spingo sempre oltre.

La società non lascia più in eredità un posto, o almeno uno soltanto, per ognuno di noi cosicché finiamo per avere poche radici e tantissimi rami, lunghi e ricchi di foglie. Che tipo di albero è questo, penserai. Non lo so e l’identità ha a che fare un po’ anche con questo. Sulle teste abbiamo tutti lo stesso cielo grigio e tra le mani un mucchio di fantasia. Qualcuno, spaventato, va a barattarla con deserti di regole e l’illusione di appartenere a qualcosa. L’odio diventa una soluzione allo smarrimento e alla paura, assegna un nome, un fucile e uno scopo che, chissà, appare più giusto e gratificante del sentire di essere un nessuno qualunque, a casa propria. Quando è morto dicono l’abbiano ritrovato con le radici ormai avvizzite circondato da più foglie di quelle che i suoi rami potevano sostenere. Porca miseria dico io, davvero valevano tanto quelle maledette foglie? Non diventeranno medaglie al valore, ma marciranno come i loro nomi nella memoria di una storia che nessuno racconterà più. 

Penso avessero la mia età più o meno e oggi io sono ancora qui a chiedermi chi sono. Loro, ormai, non possono farlo più.

 

29 pensieri su “ComeDiari #7: Le Storie Che Nessuno Racconterà Più

  1. Lo hai detto benissimo, l’illusione di appartenere a qualcosa. Che quando hai dentro un vuoto, nessun limite e nessuna consapevolezza di te stesso, è l’unica cosa forse che puoi trovare. Ma continuare a raccontare storie, continuare a dare vita alla fantasia secondo me resta l’unico modo per contrastare questo vuoto. Chi sente il vuoto dentro di sé vorrebbe estenderlo agli altri, e invece bisogna riempirlo, riempire noi stessi, riempire la vita e il mondo con le storie, la musica, l’amore, la pittura, tutto quello che esprime il lato migliore dell’umanità che non dobbiamo lasciar distruggere!
    Un abbraccio
    Alexandra

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    • Davvero bello quello che hai scritto…
      Poi capita che quel vuoto, attraverso la rabbia, venga riempito con tutto ciò che di più brutto un uomo possa fare e pensare. Non bisogna arrendersi a questo! Come dici tu è il lato migliore che deve essere conservato e nutrito.
      Un abbraccio anche a te

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  2. io penso che esistano storie ancora peggiori che nessuno ha mai raccontato, penso che questo tipo di storie si racconteranno ancora ma magari cambieranno i protagonisti ma non di certo l’essenza, penso che quando si smette di raccontare una storia è tempo per raccontarne o ascoltarne un altra e penso che certe storie non smetteranno mai dai essere raccontate o ricordate. Penso che ci sono momenti in cui certe storie non si ha voglia di sentirle o nemmeno raccontarle, ce ne sono altri in cui si sente il bisogno di tenerle tutte per se..

    penso che in tutto questo ci siano persone che quando raccontano una storia di omaggiano di istanti di profondità e di traiettorie di pensieri che in qualche modo ti fanno pensare che per quanto possano esistere storie tristi e colme di dolore esisteranno sempre esseri umani che se non potranno colmare il dolore potranno però farti riflettere e pensare che infondo il tempo che ci è stato dato si può sfruttare anche solo per sentirsi fieri di appartenere ad un genere che causa tanto dolore ma anche almeno altrettanto piacere.

    Non so cosa pensare su chi, durante la sua esistenza non capisce la differenza tra il valore di una foglia e quella di una vita, mi vien da pensare che forse non averne mai colto la differenza rende foglia la sua esistenza… purtroppo senza averne forse totale colpa..

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    • Bel quadro Erik..
      Vedi non si tratta di giustificare ma in qualche parte queste persone non hanno tutta la colpa, ho imparato che i carnefici sono sempre delle vittime a loro volta e mi sono soffermata a pensare a tutta la tristezza che c’è in questo prima ancora che nel piangere dopo nuove vittime della loro pazzia.
      C’è la tristezza nel pensare che davvero si possano combattere guerre di religione.
      C’è la tristezza nel compiere certe azioni.
      C’è la tristezza nel non comprendere che nessun Dio li applauderà per questo, piuttosto lo farà qualcuno di molto più terreno che ha guadagnato così potere e soldi.
      La cosa più assurda di tutte e che più mi spaventa è che queste persone non sono poi così lontane, fanno parte della nostra terra, dell’Europa…

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      • beh, ma non è per se una sorta di “giustificazione” quella che hai esposto in questo commento? a me invece spaventa il fatto di distinguere la nostra con la loro terra, che questa distinzione sia legittima, spaventa il fatto che arrivare a farlo di per se indica una distanza, un noi e loro, quando di base potremmo esser tutti uguali..

        io non lo so se sono guerre di religione oppure volontà che si nascondono mimetizzandosi sotto questo nome, non lo so, e infondo non so nemmeno che differenza potrebbe fare saperlo un giorno…

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      • No Erik non è giustificare, ma cercare di capire cosa c’è dietro. Non comprenderli. Sono ingiustificabili per il loro gesto, ma il fatto che ci siano persone anche della mia età e della mia terra che preferiscono abbracciare quell’ideologia piuttosto che cercare risposte altrove fa spavento e ci riguarda.
        La distinzione, se si parla di territori esiste Erik, inutile far finta di niente. Siamo diversi, abbiamo culture diverse e crediamo in cose diverse. Poi esiste anche la tolleranza e la coesistenza, lo scambio, l’arricchirsi a vicenda.. La guerra di religione è un alibi, dietro ci sono giri di soldi che non riusciamo ad immaginare nemmeno.

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  3. Davvero non sono in grado e non posso giudicare.
    Resto pietrificato da queste notizie, e penso sempre “cosa sarebbe accaduto se io fossi stato lì?”.
    Ora ho anch’io un briciolo di paura. Mio figlio va in Francia con la scuola per una settimana a febbraio.
    Che fare?

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    • Qualsiasi cosa ti rispondo non credo di poter davvero cogliere la tua preoccupazione, quella per un figlio… Però detto questo il problema è che questo tipo di attacco è imprevedibile. Potranno essercene qui da noi come in Francia di nuovo, o altrove… Proprio perché non si tratta di una guerra convenzionale nazione contro nazione ma ci sono persone già all’interno dei nostri territori che si convertono e agiscono al fianco dei terroristi. Intanto avere paura significa lasciar vincere il loro modo di fare.. Colpiscono pochi (tra virgolette) per terrorizzarne migliaia. Non è giusto

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      • Guai se morisse la speranza tesoro mio dolce, guai , per chi ha la pazienza d’insegnare alle nuove generazioni a queste generazioni cosa vuol dire la parola sacrificio, conquista per ottenere qualcosa e non dare tutto per scontato e la solita pappa pronta! Un bacio

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      • Vedi il fatto è che di riferimenti ce ne sono sempre di meno. Allora se viene uno che ti da’ motivazioni, scopi, stile di vita, sostegno e così via non è difficile perdersi e seguire quelle persone nella loro guerra.. Purtroppo. E quel vuoto si riempie di odio e si arriva a distruggere le proprie origini…

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      • Le famose mere salvezze! Confidiamo in un futuro migliore cara e per farlo dobbiamo per primi noi dare certezze, motivazioni, stile di vita diverso , ecco perché parlavo di nuove generazioni, non é facile ,ma nemmeno impossibile!

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      • Hai ragione.. Dobbiamo credere di più nella nostra società… Non crediamo più tanto nelle istituzioni, nella Chiesa e ci si lamenta in continuazione di tutto. E’ facile condizionare menti fragili sulla base di questo. Sono anch’io disillusa a riguardo, ma le alternative esistono, come dici tu 🙂

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      • I governanti che ” guidano” il nostro paese, sono i primi a dover essere condannati per il danno che ci stanno arrecando, la chiesa sta facendo venir fuori tutte le mele marce che ha nel suo cesto, le istituzioni non esistono , sono tutte cose vere ,ma sta a noi cominciare a ribellarci a tutto ciò, ormai le vecchie generazioni seguono l’andazzo e la piega presa ,ma le nuove no, se istruite ,accompagnate ad un pensiero diverso, che veda il bene comune e non il singolo! Ce la possiamo fare solo se lo vogliamo cara !

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  4. post sentito, toccante…
    in questi giorni, come sempre accade dopo tragici eventi, il web di storie ne racconta tante, tutte rispettabili, anche quelle improbabilmente impalcate su teorie che paiono mirare più ad un esibizionismo espressivo che a una sostanza reale.

    in certe situazioni è d’uopo aggrapparsi alla lucida razionalità, da quando è nato il mondo i popoli hanno sempre “sistemato” le cose con le guerre, le cartine geografiche sono state TUTTE tracciate dalle guerre, la guerra è una componente genetica della specie umana.

    La guerra produce ricchezza, potere, storia, a volte gloria, è una sirena alla quale pochi uomini sanno resistere, l’isis è giunta sul pianerottolo perché questo continente ha passato gli ultimi cinque anni a massacrare 300milioni di cittadini ignorando l’espansionismo islamista, l’isis è sul pianerottolo perché in nome di una democrazia tutt’altro che condivisa e di loschi interessi si è provveduto ad allargare le maglie per una integrazioni che l’islam rifiuta. L’isis è sul pianerottolo perché molti Stati, soprattutto occidentali, lucrano sulla vendita delle armi, sul commercio in nero del petrolio, sulla strategia del terrore, sugli interessi geopolitici mondiali. Dietro l’isis c’è qualcosa di molto forte, il califfo è un pupo, una facciata, un AD, dietro c’è qualcosa di molto più pericoloso, colletti bianchi che decidono destini e spargono sangue in nome del potere e del denaro, in nome di un mondo asservito e schiavizzato.

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    • Si infatti…
      La cosa che più mi spaventa è che si tratta di un mostro che abbiamo creato ‘noi’ occidentali abbastanza forte adesso da attaccarci direttamente. Noi abbiamo bisogno del loro petrolio per mantenere lo stile di vita e tenerci tutti i comfort che siamo riusciti a costruirci finora. Si tratta di una crisi molto più profonda di quella che sembra, sono saltate fuori tutte le ipocrisie che ci sono dietro i formali rapporti tra nazioni e mi preoccupa, molto…

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      • le cose non stanno esattamente così, tra qualche decennio il petrolio finirà oppure sarà sostituito da altre fonti energetiche, ciò significa che il popolo arabo si ridurrà alla fame, è per questo, anche per questo, che stanno gettando le basi per invadere l’occidente e colonizzarlo. Infatti guarda le grandi griffe, le grandi aziende, i grandi progetti e via dicendo, stanno facendo man bassa. In termini tecnici si chiama “diversificazione del rischio”.

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      • Stanno sfruttando il momento usando ciò che ancora hanno da vendere per consolidare ed aumentare il loro potere, con la scusa della guerra di religione..
        Intanto noi europei siamo destabilizzati, finora i nostri governanti hanno tradotto tutto in missioni di pace e adesso vediamo la Francia che parte a bombardare in maniera offensiva. L’unica cosa da fare è eliminare le fonti di guadagno dell’Isis, ma è davvero possibile? Macché..

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