Giù dalla giostra.

Ci voleva una pandemia affinché scoprissi diverse verità.

Tipo, nelle circostanze in cui ci ha costretti il lockdown ho scoperto che l’uomo che ho amato per diversi anni non è solo e disperato come raccontava a tutti, ma ha una moglie o compagna o comunque una donna molto importante nella sua vita che lo sostiene nei suoi progetti. Ho capito che per lui ero solo una fonte di rifornimento narcisistico, esistevo per pochi minuti o poche ore, giusto il tempo di assicurarsi che ancora provavo dei sentimenti e non me ne ero andata. Poi lasciava i miei messaggi senza risposte e io finivo puntualmente in un vortice di tristezza che diventava rabbia che diventava senso di colpa che diventava di nuovo comprensione, attenzione e amore. Finché così da un giorno all’altro ho deciso di scendere dalla giostra senza nemmeno salutare. Ci avevo già provato altre volte ma passato poco tempo l’idea di non risentirlo più mi distruggeva. Non potevo immaginarmi senza nemmeno quel poco che avevamo. Non mi aveva mai promesso niente ma diceva di avere dei sentimenti per me e io ne avevo bisogno, ma non mi accorgevo di quanto sacrificassi di me stessa ogni volta.

E’ stato come osservare un animale nel suo habitat naturale e allo stesso tempo chiuso in una gabbia e adesso non so più chi è la persona che riuscivo a sentire sulla pelle e nella mente attraverso una connessione unica, antica e solo nostra.

In compenso so meglio chi sono io. Perché finalmente sento di avere della terra sotto ai piedi, di essere più salda, di riuscire a ribellarmi senza pentirmi, di avere diritti e desideri. Dio solo sa quanto avrei voluto vivere con lui tutto questo. Quanto mi sarebbe piaciuto ancora essergli vicina, trascorrere ore a pensare a nuovi modi di parlare del mondo, che ancora non avevo finito di svolgere l’orizzonte che avevo scoperto con lui.

Dunque ci voleva una pandemia per ricevere le risposte che potevano liberarmi dalle domande che si erano intrecciate nella rete sotto la quale ero finita per tutto questo tempo.

19 pensieri su “Giù dalla giostra.

  1. Presuppongo fosse un amore platonico. Molti di noi hanno bisogno di reinventarsi più di una vita per sentirsi pieni e soddisfatti. C’è chi lo fa dal vivo (con moglie/marito e amante annesso) e chi sui social. C’è chi nella realtà si sente un fallito ma sui blog appare un leader e chi invece ostenta tristezza ma alla fine non se la passa poi così male.
    Come ha detto qualche utente qui sopra forse è una storia a lieto fine. E per te è davvero un nuovo inizio. doloroso ma forse migliore!

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  2. questo post è il corollario dell’altro brano (quello che iniziava con la metafora del treno su cui salire, o meglio da risalire carrozza dopo carrozza prima che partisse) che mi aveva stranito non poco. Se confronto i due pezzi trovo due stili differenti, criptico e spezzettato uno, razionale, quasi impietoso nella sua lucidità l’altro, cioè questo. Differenza che è espressione di due stati d’animo diversi riguardo alla medesima vicenda: dapprima il bisogno di riversare su carta (efficacemente) il turbinio di sensazioni alla conclusione burrascosa di una relazione importante, successivamente la necessità di fare chiarezza, non tanto al lettore, quanto a te stessa per ritrovare equilibrio e recuperare una parte di te che forse avevi trascurato.
    il risultato, dal punto di vista letterario, è un’efficace fotografia di ragione e sentimenti all’interno di un episodio doloroso, e dal punto di vista umano, in chi legge, un senso di solidarietà istintiva che non vuole però superare la soglia del privato.
    ml

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    • Grazie di cuore massimo, mi sono resa conto di questa cosa ma avevo bisogno di tirar fuori diversamente quello che sentivo. È proprio così. Qualcuno la soglia del privato l’ha superata scambiandomi per qualcun altro e insultandomi via mail perché ormai riguardo questo genere di argomenti il web è diventato un posto così sporco che subito si attira quel genere di sostanza.

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  3. Ottenere delle risposte è sempre un bene, non importa il modo in cui le ottieni.
    La tua mi sembra di capire che fosse una situazione da “limbo”, per cui ben venga aver preso una decisione, che magari ti può far stare male, ma che era doverosa, anche come rispetto verso te stessa.

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