* …”Do You Understand?” cit. …*

“Aaaaaaaamamiiii come la terra, la pioggia, l’estateeeee
  aaaaamamiii come se fossi la luce di un faro nel mareeeee…”

ARGH! Per un momento ho seriamente pensato mi si fosse materializzata Emma dietro le spalle.

E invece no, era il figlio tamarro del vicino di casa che arrivava a tutta velocità con il volume della radio altissimo. Il che nella perfetta quiete che regna dove abito stona in una maniera pazzesca. Poche case da un lato della strada, sconfinate terre di noccioli dall’altro. Tutto ciò che si sente, a parte qualche macchina, ma solo quelle di chi abita qui, sono solo i cinguettii degli uccelli. E’ una vita che mi chiedo cosa hanno mai da dirsi tutto il giorno. Qualche volta che un merlo si posa abbastanza vicino al balcone di casa, provo a fischiare alla sua maniera. Il bello è che dopo tre secondi di silenzio, risponde pure, ma pur non capendo nulla, non confido su significati diversi dal questa-le-manca-qualche-rotella oppure, nel caso sia del posto, la versione in cinguettii del nel dubbio, a tua sorella. Come dargli torto, d’altronde. Se capita con i gatti, beh, quelli non te la fanno buona. Meaoooow, provi. E loro mettono su la faccia più schifata che hanno degnandoti giusto qualche istante d’attenzione.
Bisogna pur soddisfare qualche inclinazione idiota ogni tanto.

Prima che Emma mi urlasse in un orecchio, riflettevo, oltre che su tutte le maniere in cui una trave reagisce ad un cedimento, sulle parole del mio prof. Una volta a lezione mise su un’aria solenne e disse -Ragazzi, voi dovete avere pazienza. La Scienza delle Costruzioni è come… una bella donna. Ha bisogno di attenzioni. All’inizio pare scontrosa, altezzosa, inarrivabile, ma se vi ci mettete con pazienza e provate e riprovate giorno dopo giorno, vedrete che vi darà soddisfazioni. Inizierete a capirla bene e lei vi svelerà i suoi più profondi segreti. Ha bisogno di essere capita. E potrebbe nascere anche un bel rapporto, dopo.-

Ridemmo. Vabè, grazie prof, questa fa colpo sui maschi, che poi costituiscono la maggior parte della platea. Sulle donne un po’ meno, anzi. Messa su questo piano, l’approccio potrebbe addirittura diventare violento. Diedi poco peso a quelle parole e mi concentrai sull’affrontare in maniera più concreta lo studio. Essì, ora mi metto a fare pure la psicologa. Non basta già il rimediare ogni giorno alle tremile lacune lasciate dal corso.
Nonostante il moto di ribellione, però, alla fine ho dovuto riconoscere che non aveva torto. Certe parole ti restano nella testa e ronzano di continuo finchè non trovano uno spazietto dove posarsi. Mi son dovuta arrendere all’evidenza che lui, nonostante avrei preferito un’indicazione in più su come risolvere un esercizio e una in meno in merito a vizi e virtù della sua bella, aveva ragione. E’ una di quelle materie che non sai da che lato prendere all’inizio. Soprattutto se hai già deciso che non farai mai lo strutturista, ma son cose che devono far parte del bagaglio culturale di un ingegnere comunque. Poi è assurdo, te capisci una cosa e lei te ne rende un’altra, finchè insieme non arrivate a capo della questione. Finisce per piacerti, anche se non lo ammetteresti con anima viva.

Si da’ il caso che io sono più istintiva di ciò che sembro. Se una cosa non mi piace, non mi piace e basta. Non lo so nemmeno spiegare. Remo contro e finisco spesso per fare a capocciate con chi viene nell’altro senso, ma è più forte di me, se ho intravisto una strada che sento affine devo raggiungerla, pure se è disastrata o inadeguata. E’ mia, e ne ricaverò qualcosa di buono, di sicuro, nel percorrerla. Il “di sicuro” fa parte dell’istinto. Magari ci fosse qualcuno che dispensi certezze, di tanto in tanto. Macchè. Figurarsi che me l’ha letto in fronte anche la commessa delle gioielleria, ieri pomeriggio. In cerca di un regalo, insieme a mia madre, all’improvviso le fa dei complimenti per i suoi orecchini. -Me li ha regalati lei- dice, riferendosi a me. -Eeh, si vede che a te non piacciono le cose che piacciono a tutti!-. Grandioso, penso, pure questa adesso. Le avrei risposto si, e per punizione le cose che piacciono a me non piacciono mai a nessuno. Ma le ho sorriso e basta.

Capita, poi, come dicevo prima, che qualcosa mi fa cambiare idea. Tante storie per poi convincermi che, dopotutto, l’altro punto di vista non è poi così sbagliato. Basta lasciarsi andare, un po’, giusto il tempo di dare una sbirciatina dall’altro lato. Come quando cerchi la prospettiva migliore per scattare una foto. E se ne può trovare una che sia anche leggermente migliore.
Forse questo significa imparare. Allargare gli orizzonti e non fossilizzarsi su quel minimo raggio che possono coprire gli occhi ruotando lo sguardo, tenendo la testa ferma. Se giri la testa vedi più cose. Devi farlo però, e ciò che vedrai potrebbe sorprenderti.

In fondo ciò su cui insistono tanto i prof è, oltre alle nozioni, il dare una prospettiva. A loro interessa, e ne ho avuto la prova più di una volta, che si esca dall’università come persone che hanno spessore, che sanno cavarsela. Che sanno guardarsi intorno e costruire qualcosa di buono. Tra un anno magari dimenticherò come si fa un diagramma del momento, ma che l’apparenza è poca cosa rispetto a ciò che può celarsi dietro di essa penso proprio di no. E saper affrontare così tante altre questioni, non solo la Scienza.

Tutto ciò mi sembra così importante adesso, quasi alla fine. Avessi qualche rotella a posto, come auspicherebbe il merlo, tutte queste storie non le farei. Invece se mi trovo davanti ad un muro, bello alto, che sia un prof sibillino o una difficoltà qualsiasi devo riuscire a guardare oltre, mettercela tutta per mettere almeno il naso oltre quell’ammasso di cemento. Che non m’aiuta nemmeno l’altezza. Non mi do’ pace, però, finchè non riesco a capire, per sentirmi a mio agio e un po’ più sicura. Poche cose odio come il sentirmi inadeguata, soprattutto se poi non è nemmeno vero.
Chissà se ciò significa che son riuscita pure a ritrovarmi. Se ho trovato la mia sintesi. Però questo riguarda Hegel e le mie pippe mentali.

Non è poi così tanto tanto male la canzone di Emma.

 

8 pensieri su “* …”Do You Understand?” cit. …*

  1. Smetto di fare apprezzamenti sui tuoi post che sennò divento stucchevole e scado nel buonismo da blogger zuccheroso.
    Oggi per dire, a proposito di costruzioni, l’hai costruito proprio bene. Non è ironico. E’ talento.
    Ok basta smetto fine stop promesso.
    Incantevoli i rumori che immagino si sentano dalla tua finestra e, soprattutto, le auto SOLO di chi abita lì vicino. Sogno.

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    • Credimi, i complimenti sono sempre sempre graditi 🙂 Ma figurati! Grazie!
      Davvero, sono fortunata a vivere in un posto così tranquillo, a parte quando le noccioline le raccolgono con macchinari infernali o il vicino parte di “Radio Margherita” e una volta gli sparai i Green Day … per la serie non disturbo la quiete pubblica ma faccio ascoltare della buona musica ai vicini! ahah Immagino invece che dove abiti tu non sia così, giusto?

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      • Guarda, non me la passo malissimo neanch’io, sto in un posto mediamente più silenzioso della media – credo, se ho un’idea di che sia la media – almeno la notte. E pur non dormendo male neppure sopra una strada trafficatissima coi motori che rugnano e i vetri che tremano per tutta la notte (mi piace!) ho un vecchio debole per i posti silenziosi come quelli che descrivi tu.
        Invece ho vissuto per un po’ di anni a un muro (sottile) di distanza da un, scusami, deficiente che cantava (ragliava, più che altro) ogni sera, ogni notte fino a mezanotte, l’una… impossibile studiare, impossibile dormire… non aggiungo altro 🙂

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      • Oddio che tortura!!! E nessunoi si è mai lamentato?
        In un posto mediamente tranquillo penso che ad un certo punto ci si abitui, anzi, sai che paradosso se andassi a vivere dove c’è troppo silenzio e poi non dormi più 😀

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      • Sì, più di qualcuno, ma questo continuava senza nessuna remora, imperterrito con le sue urla canore diurne e notturne… sempre le stesse canzoni che provava e riprovava… e poi ero solo io che avevo la stanza da letto adiacente a quella dove cantava, ti giuro che potevo seguirlo mentre si spostava nella stanza, sapevo se stava cantando vicino alla finestra o vicino alla porta… gli altri al massimo lo sentivano da sopra… è diverso…
        Vero! Anche il silenzio assoluto, specie la notte, può essere un’espernienza quasi agghiacciante da dormirci!

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      • Ora che mi ci fai pensare. Suonava la chitarra elettrica. Cantando.
        Avevo rimosso.
        Era il meno.
        Richiudo a chiave, va’.
        Dovrò farne un personaggio di un post o di qualcos’altro.
        🙂

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